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Visualizzazione dei post da novembre 20, 2022

PROVA SCRITTA DEL 7 DICEMBRE - INDICAZIONI

DESCRIZIONE DELLA PROVA La prova scritta si compone di due parti, valutate separatamente . Nella prima proporrò  di optare fra una selezione di versi di Ovidio, affiancati da traduzione, da commentare e analizzare in modo guidato, e un passo tratto del De Catiliane coniuratione , affiancato da traduzione, analogamente da commentare e analizzare in modo guidato. Nella seconda troverete due domande, entrambe obbligatorie, di letteratura, una dedicata a Ovidio e l'altra a Sallustio.  MATERIALE PREPARATORIO Quello della precedente verifica e tutto il nuovo materiale dedicato a Sallustio. Non trascurate la conferenza di Canfora, le traduzioni e analisi fornite insieme ai testi di Sallustio e le correzioni degli ultimi lavori inviati il 23 novembre. 

LEZIONE DEL 23 NOVEMBRE - DOMANDE INERENTI AL PASSO (1)

 1) Il passo riportato dalla parte introduttiva del De Catilinae coniuratione  è intriso di orgoglio. Dopo aver delineato l'etimologia di questo termine, riconoscine, attraverso citazioni testuali in latino/italiano corredate da commenti, la presenza all'interno dei passi, nelle due sue declinazioni possibili di orgoglio individuale  e orgoglio collettivo. Suggerisci anche una corrispondenza lessicale sostenibile con un vocabolo latino.  2) L'impostazione storiografica di Sallustio è moralistica: dimostralo attraverso esempi tratti dal testo e conduci un raffronto con la visione storica di Dante, individuando sia le affinità sia le profonde differenze.  3) L'ipocrisia: un limite della politica antica come di quella contemporanea?

DE CATILINAE CONIURATIONE (2)

 [ 9.1]   Igitur domi militiaeque boni mores colebantur, concordia maxuma, minuma avaritia erat; ius bonumque apud eos non legibus magis quam natura valebat.   [2]  iurgia discordias simultates cum hostibus exercebant, cives cum civibus de virtute certabant. in suppliciis deorum magnifici, domi parci, in amicos fideles erant.   [3]   duabus his artibus, audacia in bello, ubi pax evenerat aequitate, seque remque publicam curabant.   [4]   quarum rerum ego maxuma documenta haec habeo, quod in bello saepius vindicatum est in eos, qui contra imperium in hostem pugnaverant quique tardius revocati proelio excesserant, quam qui signa relinquere aut pulsi loco cedere ausi erant;   [5]   in pace vero quod beneficiis magis quam metu imperium agitabant et accepta iniuria ignoscere quam persequi malebant. [10.1]  Sed ubi labore atque iustitia res publica crevit, reges magni bello domiti, nationes ferae et populi ingentes vi subacti, Carthago aemula imperi Romani ab stirpe interiit, cuncta maria te

ANCORA UN MODELLO CALVINO PER RACCONTARE OTTAVE (11-14)

Il baldo Rinaldo, vestito di tutto punto con la pesante, e ingombrante, armatura dei  cavalieri antiqui  di cui non di rado Ariosto sorride sotto i baffi (i pretesti per farlo sono molti), corre nel bosco leggero come un contadinotto seminudo impegnato in una corsa campestre. Da parte sua Angelica lo fugge, annota pur sempre malizioso il poeta, come si trattasse d'un serpente velenoso. Tant'è che le fontane dell'amore e del disamore agiscono sul serio: se l'uno non riesce a fare a meno di desiderarla, la seconda non può controllare la sua totale repulsione. E ancora, se a Rinaldo è sufficiente, per mettergli le ali ai piedi, l'apparizione fugace di lei, a Angelica basta scorgerlo, per affidarsi a un galoppo forsennato e cieco del suo cavallo. Così s'innescano quei furibondi caroselli che caratterizzano il I canto, in cui i sentieri che si biforcano nella foresta si rendono complici di inattesi incontri fra persone che si cercano (alcune) e si fuggono (altre), op