LA CARRIOLA DI PIRANDELLO: RIASSUNTO E COMMENTO
RIASSUNTO DELLA NOVELLA La carriola, dalle Novelle per un anno di Luigi Pirandello
La novella di Pirandello La carriola è scritta in prima persona: il narratore è pertanto interno e coincide con il protagonista. All'inizio egli intrattiene una sorta di monologo interiore, nel quale fa riferimento a una creatura (utilizza un pronome femminile per indicarla) che assisterebbe a un non meglio precisato atto ch'egli compie solo e esclusivamente di fronte a lei, ogni giorno, in un momento che definisce di follia liberatoria. Si capisce, da come ne discorre, che si tratta di un atto che potrebbe turbare molto chi, all'infuori di questa, ancora non meglio definita creatura, si trovasse a esserne spettatore.
Successivamente il narratore si descrive come un uomo molto indaffatato e influente, al quale in tanti fanno riferimento, a partire dai famigliari (moglie e figli) per arrivare ai suoi assistiti (fa di professione l'avvocato). La precisazione gli è utile per sottolineare come, nel caso in cui quella che prende a definire vittima potesse parlare del suo atto, la sua reputazione risulterebbe rovinata.
Inizia quindi a raccontare che cosa sia accaduto nella sua vita pochi giorni prima dell'inizio della narrazione. Si trovava in treno, di ritorno da impegni professionali. Stava, come sua consuetudine, distraendosi dalle incombenze cui si era dedicato con nuovi impegni, e guardava dal finestrino senza vedere davvero il paesaggio, senza penetrarne a fondo la bellezza, pure lontanamente percepita. Questa sorta di contemplazione, a poco a poco, lo aveva condotto a cogliere qualcosa di cui o non si era mai accorto o aveva smesso di accorgersi: che l'essenza della vita è movimento incessante ed è un concentrato di piacere e di dolore. Questa percezione lo aveva portato ad assopirsi, per poi risvegliarsi con la sensazione sgradevole di aver perso di vista il senso della sua esistenza.
Tornato a casa, di fronte al campanello della porta, lo aveva colto una sorta di folgorante rivelazione: il nome e i titoli scritti sulla targa d'ingresso erano certamente i suoi, ma a lui sembrava non corrispondessero più alla percezione che aveva di se stesso. Il narratore vedeva la sua vita dall'esterno, di colpo, e non la sentiva sua. Questa penosa percezione si era poi trasformata in un'altrettanto penosa riflessione: egli aveva iniziato a passare in rassegna relazioni e impegni della sua vita, compresi i più stretti legami familiari (quelli con i figli, per esempio), per arrivare a ritenerli del tutto estranei a sé. Non solo, egli era arrivato a considerare insopportabile se stesso, proprio perché viveva la vita di cui all'improvviso si rendeva compiutamente conto. Dopo aver sperimentato questa sorta di sdoppiamento, era però rientrato in sé e aveva aperto la porta di casa per riprendere la solita, vecchia vita.
Il narratore, dopo questa rievocazione del viaggio in treno e delle conseguenze che ne erano derivate per la sua coscienza di essere umano, continua a riflettere: chi si vede vivere, sostiene, non vive più davvero, ma diventa un osservatore di quella che definisce la forma della vita. Nel suo caso, poi, non si tratta nemmeno di una forma che si sia dato lui stesso, ma di quella che gli hanno assegnato altri, basandosi sulle sue azioni, ossia su fatti che concorrono a rendere la forma più solida e certa per gli altri, ma sempre più una trappola per lui, che si sente prigioniero di essa. Il narratore sperimenta l'impossibilità di fuggire da una rete fittissima di doveri e di aspettative che gli altri hanno nei suoi riguardi, in quanto padre, marito, professore, avvocato. Deve perciò trovare il modo di mantenere la forma e al contempo creare per sé una via di fuga a un malessere esistenziale che rischia di diventare soverchiante. Spiega quindi a chi corrisponda la creatura evocata all'inizio e quale sia suo ruolo nella vicenda che sta raccontando: si tratta di una sua cagnetta di undici anni, una grassa lupetta con l'aspetto già invecchiato. Con lei, che da un po' di tempo aveva preso l'abitudine di stare nel suo studio, il protagonista, dopo essersi assicurato che non ci sia nessuno nei paraggi, inscena un passatempo infantile: la prende per le zampe posteriori e la fa camminare con quelle anteriori, come quando si gioca appunto alla carriola. Nel finale della novella, il narratore sostiene che da alcuni giorni la cagnetta lo osserva con uno sguardo pieno di terrore, nel quale egli legge un inesorabile giudizio nei suoi confronti: vorrebbe spiegarle che non c'è nulla di male in questa breve parentesi di giocosa follia ch'egli si ritaglia, ma l'animale comunica invece col suo sguardo l'idea che il gesto dell'uomo sia terribile.
COMMENTO
La novella determina, all'inizio, un'incertezza e un'attesa. Il lettore non può immaginare chi sia colei (è sempre indicata al femminile) che il narratore interno sostiene una sua accanita osservatrice e che si capisce essere coinvolta da lui in qualcosa che, se fosse reso noto a persone appartenenti alla cerchia dei suoi intimi, delle sue conoscenze, produrrebbe come effetto immediato il suo internamento in manicomio. Il narratore a un certo punto allude al fatto che questa testimone di una sua particolare follia sia sprovvista di parola e, infine, la denomina vittima. Questo incipit, quindi, sembra presagire lo svelamento di qualcosa di terribile, un'infamia, un delitto, comunque certo un atto estremo.
Prima di procedere allo svelamento, alla rivelazione di quale sia tale supposto atto estremo, il narratore procede con un'analessi che occupa la parte centrale della novella. Ricorda infatti un evento occorso qualche giorno prima del presente narrativo iniziale. Si tratta di una specie di rivelazione interiore, di un'illuminazione, che lo pone a stretto contatto con il senso della vita. Il narratore è infatti il tipico uomo indaffarato, impegnato, arrivato, secondo i parametri di giudizio sociali, ossia provvisto di un titolo, di un lavoro importante, di una famiglia; a ciò si aggiunge il fatto che gli venga riconosciuta autorità, in particolare dai figli e dalla moglie, competenza, dai colleghi e dai clienti che si rivolgono a lui per avere consulenze, autorevolezza e sapienza dagli allievi che seguono le sue lezioni universitarie. Un uomo così sembra avere tutto quello che, nella vita, arreca soddisfazione. Ma così non è. La prima svolta della novella consiste proprio nel rivelare che questo individuo è profondamente insoddisfatto. Non sa, infatti, che cosa voglia dire vivere sul serio. L'occasione del viaggio in treno, che lo pone in una particolare e inattesa condizione mentale, gli dà la possibilità di capire d'un tratto che la vita può essere intrisa di luce, di desideri, può essere brulicante, palpitante, guizzante, può riservare piaceri e sorprese; al contempo però nella stessa occasione egli diviene consapevole di essere, sotto questo profilo, totalmente inappagato: la vita di cui sopra, quella vera vita non è mai stata la sua. Lui, lo stimato avvocato e professore, il padre di famiglia ammirato e obbedito, ha vissuto fino a quel momento un'altra vita, non quella che, forse, avrebbe potuto essere la sua.
Quando capita di avere una rivelazione, una folgorazione, in qualche caso si decide di cambiare vita. Non è una decisione facile, e non di rado si è andati troppo avanti nel percorso esistenziale per poterselo permettere senza gravi effetti collaterali. A tutto questo pensa il narratore quando, di fronte alla targa del suo stesso appartamento, nella quale sono incisi il suo nome, la sua professione e i suoi titoli, pensa con sgomento che la sua interiorità, in quel momento, non corrisponde a quanto si legge sulla targa. Pensa anche che si tratta di forme che gli sono state attribuite da altri, certo in seguito a atti da lui compiuti, atti irreversibili, che l'hanno plasmato così com'è, o meglio, come appare. Decide allora di non fare un colpo di testa, che possiamo ben immaginare (andarsene e non tornare mai più), ma di entrare in quella casa dove tutti aspettano lui così come è sempre stato e non trasformato dalla folgorazione avvenuta in treno: dopo essere rientrato a casa, però, sceglie anche di concedersi una piccola parentesi di fuga, un momento di libertà assoluta, simile alla follia, che conclude circolarmente il racconto, ponendo fine alla sospensione e all'attesa dell'inizio.
Il colpo di scena finale è una sorpresa per il lettore, che viene così a contatto con l'umorismo pirandelliano, nella sua manifestazione più pura.
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