DOMANDE E RISPOSTE ODISSEA VOSTRE (corretto)

 1) Da Ulisse a Ermes, mente variopinta etrickster. 

Il primo aggettivo che viene associato ad Ulisse è polytropos, traducibile in italiano come multiforme o, secondo l’analisi di Pietro Citati, dalla mente colorata. Si rivela così infatti una caratteristica peculiare del personaggio, ovvero  quella di possedere un’estrema capacità di adattamento alle più disparate situazioni. La multiformità si mostra visibilmente nelle mutazioni del suo aspetto fisico favorite da un intervento divino. Ne sono dimostrazione eventi come il ritorno ad Itaca, durante il quale, per merito della dea Atena, assume le sembianze di un vecchio mendicante al fine di non essere riconosciuto.  

Lo spirito di adattamento più interessante si rileva però a livello psicologico. Le sue capacità in proposito sono spettacolari, e per prenderne atto è sufficiente guardare alle numerose avventure di cui è protagonista. A cominciare dai lunghi soggiorni (vere e proprie convivenze) con  la strega Circe e con la ninfa Calipso, per passare all'avventura pericolosa in cui salva la sua vita e quella di alcuni compagni in seguito alla cattura da parte  del ciclope Polifemo. Infine Ulisse  ha la capacità invidiabile  di attendere pazientemente che si verifichi l’occasione propizia per tornare a vivere con la  moglie e recuperare il  potere.  

Questa qualità è da far risalire ad una parentela divina, precisamente con il dio Hermes, il messaggero degli dei, dal quale eredita l’astuzia. Entrambi sono capaci di mettere in atto metamorfosi, chiavi dell’adattamento e della sopravvivenza, e di muoversi in ambeduei i regni. A favorirne l'accostamento  è  anche la somiglianza con il trickster, abile nell’atto di ingannare qualcuno al fine di ottenere un beneficio collettivo che permette all’intera civiltà di andare avanti.  

 

2)  La sofferenza che umanizza Ulisse. 

Durante le sue peripezie per il Mediterraneo, Ulisse è sottoposto a numerose prove di forza e coraggio e deve confrontarsi con situazioni di estrema complessità, che porteranno spesso a conseguenze funeste per i suoi compagni di viaggio. Si trova a essere prigioniero del ciclope Polifemo, che riuscirà a sconfiggere grazie all’astuzia salvando alcuni suoi compagni (tuttavia altri vengono divorati). Rimane in trappola anche sull’isola di Ogigia, dove vive la ninfa Calipso, e sull’isola della strega Circe, che trasforma i suoi  in maiali.  

Una particolare caratteristica che connota il personaggio del trickster, sempre in controluce quando si ragiona su Ulisse,  è quella di poter pagare le conseguenze delle proprie azioni anche se queste hanno portato al vantaggio di per qualcuno. Un esempio è il racconto di Prometeo, che sconta la pena di aver sottratto il fuoco agli dei per consegnarlo agli uomini con l’incatenamento a una roccia e il divoramento del fegato da parte di un’aquila.  

Allo stesso modo Ulisse è un eroe che soffre (non ride per l’intero poema, nota sempre Citati) ed è proprio il suo dolore a renderlo umano e differente dal dio Hermes. Al contrario dei monolitici, o solo meno sfaccettati,  personaggi dell’Iliade, descrivibili per mezzo di poche caratteristiche, Odisseo è decisamente più variegato e, senza dubbio, moderno e universale.  

Arriva anche a piangere, durante il banchetto nella terra dei Feaci, ma lo fa per un evento collettivo, a causa del ricordo della guerra. Non si piange addosso, piange sull’uomo, e non lo fa per abbattersi, ma per trovare nuova forza utile a ricominciare.  

Proprio così il poema fornisce al lettore una maniera per  rispecchiarsi nei vari personaggi, attraverso la descrizione delle più curiose contraddizioni dell’essere umano, che vuole tornare a casa, ma prova piacere nello scoprire ciò che si trova all’esterno, vuole combattere violentemente, uccidere, ma anche dare la salvezza, ed infine amare la propria moglie ma anche altre donne.  

Proprio dal suo rifiuto della  possibilità di ottenere l’immortalità si evince quanto Ulisse sia innamorato della propria vecchia  vita, ma non escluda per questo l’attrazione dell’altrove.  

 

3) Il nostos è lunghissimo: si estende nello spazio e nel tempo (percorso e tappe). 

Le lunghe peripezie di Odisseo proseguono per 10 anni, ma non tutti vengono raccontati nel poema. Ulisse, una volta vinta la sanguinosa guerra decennale, come tutti gli altri Achei, parte dalla città di Troia per fare ritorno in patria. Con lui sono altri 600 uomini, ma egli sarà l’unico a rimanere in vita. I territori attraversati sono tanti, e si estendono da oriente a occidente del Mediterraneo. 

Le prime terre dove approdano sono quelle di Ciconi e Lotofagi, dove alcuni compagni rimangono sotto l’effetto della pianta del loto e dimenticano il desiderio di far ritorno in patria.  

Successivamente si imbattono nella terra dei ciclopi, ma riescono a sfuggire al temibile Polifemo grazie all’astuzia di Odisseo. La tappa successiva è l’isola di Eolo, nelle Eolie, dove il dio dei venti fornisce loro un otre contenente i venti contrari alla navigazione. Tuttavia i compagni aprono il vaso e si scatena una violenta tempesta.   

La maggior parte dei compagni di viaggio perde la vita nella terra dei Lestrigoni, popolazione cannibale che risiedeva probabilmente in territorio sardo.  

Odisseo si ferma per un anno nella terra della maga Circe, che trasforma i suoi alleati in maiali. A questo punto Ulisse arriva persino a recarsi nel regno dei morti.  

Quando giungono nel golfo di Salerno fanno la conoscenza delle temibili sirene, ma riescono ad uscirne indenni. Tuttavia nello stretto di Messina vengono messi in dura difficoltà dai mostri marini Scilla e Cariddi.  

Successivamente approdano nell’isola del Sole. Qui molti compagni di Odisseo mangiano le vacche sacre al dio Sole, che, fortemente irato, scatena una tempesta alla quale sopravvive solo il protagonista del poema, naufragando sull’isola di Ogigia. In quest’ultimo luogo risiede la ninfa Calipso che, innamorata dell’eroe, lo trattiene con sé per sette anni. Quando gli permette di partire, però, il dio Poseidone scatena una forte tempesta e Odisseo riesce ad arrivare solo all’isola dei Feaci. In quest’ultimo luogo fa la conoscenza di Nausicaa e del re Alcinoo, che lo aiutano a fare finalmente ritorno ad Itaca.  

 

4) La funzione di Telemaco nella storia (il perché dellaTelemachia). 

I primi quattro libri del poema sono dedicati alla cosiddetta telemachia. Il racconto riguarda Telemaco, il figlio di Ulisse, che viene spinto da Atena a non rassegnarsi ed andare alla ricerca del padre a Pilo e Sparta.  

La funzione di questa parte di testo è quella di descrivere la situazione iniziale ad Itaca, dove i violenti proci spadroneggiano nella reggia di Odisseo. Penelope è costretta a ricorrere allo stratagemma della  tessitura infinita (un sudario per il suocero Laerte, che tesse e disfa ogni sera) per non cedere alle loro lusinghe, mentre Telemaco deve subire le loro prepotenze.  

È però dopo l’incontro con Atena che egli diventa consapevole del proprio ruolo, realizza la sua efebìa, il passaggio da adolescente a uomo, e, assumendosi la responsabilità della casa, lancia la sfida ai proci.  

Oltre al primo episodio, la Telemachia prosegue, descrivendo le vicende del giovane figlio di Ulisse durante il viaggio segreto, poiché non approvato dall’assemblea degli itacesi, a Pilo e Sparta. E se nella prima delle due località non riesce ad ottenere alcuna informazione, a Sparta fa la conoscenza di Menelao, dal quale scopre che il Odisseo è trattenuto dalla ninfa Calipso nell’isola di Ogigia.  

Il personaggio di Telemaco risulta importante nella seconda svolta narrativa, quando Odisseo fa ritorno a Itaca sotto sembianze diverse, ma viene comunque riconosciuto dal figlio che lo aiuta nel piano di vendetta contro i proci.  

 

5) I cantori dell'Odissea (anche i cantori nell'Odissea, le varie voci) 

La trama principale dell’Odissea è raccontata da Omero, il narratore esterno. Egli è il cantore per eccellenza, connesso tra l'altro alla grande questione, mistero non ancora risolto, della paternità del poema. Nel corso della narrazione, tuttavia, cede spesso la parola a  narratori interni che raccontano solitamente il proprio nostos. Quello di maggiore importanza è certamente Odisseo, che racconta delle proprie peripezie nel ritorno a casa, ma sono di notevole rilevanza anche i racconti narrati da Menelao ed Eumeo.   

In molte situazioni Omero decide di far condurre la narrazione a personaggi che esercitano la sua stessa professione, come se fossero delle controfigure. Ne sono esempi le figure degli aedi Femio e Demodoco. Il primo canta all’interno della reggia di Itaca i nostoi degli achei durante l’assenza di Odisseo, mentre il secondo provoca la commozione di Odisseo alla corte di Alcinoo, attraverso la narrazione dell’inganno del cavallo di Troia.  

 

6) La struttura del proemio. Modello di analisi. 

Il Proemio dell’Odissea è strutturato in maniera canonica, come quello dell’Iliade. Le prime parole, infatti, sono dedicate all’invocazione alla Musa ispiratrice. La parte restante è denominata protasi, e consiste nell’esposizione dell’argomento che verrà trattato durante la narrazione. In questo caso viene anche presentato il protagonista, Odisseo, descritto fin da subito come polytropos, aggettivo pregno di significato e perfetto per il suo carattere.  

Questo perché Omero, presentando immediatamente l’eroe, rende esplicita la sua intenzione di non voler dare molta importanza ai fatti narrati, ma al protagonista della vicenda, decisamente variegato e differente da quelli di altri poemi come l’Iliade.  

Il lettore viene inoltre già messo al corrente delle numerose sofferenze patite da Odisseo fin dalla partenza da Troia, per mano di Poseidone. Omero lascia intuire fra le righe che gli eventi non saranno narrati in ordine cronologico, si comincia infatti già nel pieno della vicenda, quando sono passati 10 anni dalla caduta di Troia.  

 

7) Il topos del concilio degli dei. Modello di analisi. 

All’interno della narrazione sono molteplici le situazioni nelle quali si rende necessario un topos, un luogo narrativo che si ripete, e che in certi casi può anche ospitare una svolta del racconto o fornire gli elementi necessari alla comprensione della vicenda. Il primo caso si verifica proprio nel concilio degli dei, utilizzato per mettere il lettore a conoscenza delle cause che hanno portato Odisseo ad essere trattenuto dalla ninfa Calipso nell’isola di Ogigia. Si scopre, infatti, che il dio del mare Poseidone è fortemente adirato con Odisseo, a causa dell’accecamento per sua mano del ciclope Polifemo, figlio del dio. Proprio per questo il protagonista del poema è spesso ostacolato da terribili tempeste marine durante le sue navigazioni verso la patria.  

Il dialogo fra gli dei comincia con il riferimento a una storia in cui si intrecciano fato, intervento divino e possibilità di scelta umana.  Gli dei sono i garanti della realizzazione del destino, ma ciò non toglie che ci possano essere eventi rimandabili, alla realizzazione dei quali si interpongono scelte dei singoli e interventi divini.  Ne è un esempio il nostos di Ulisse, la cui durata sembra essere funzionale a questo sviluppo della storia, ben di là da quanto ha decretato il destino (ossia che Ulisse ritorni a Itaca).

Il racconto di cui si discute in questo passo, però, è ancora differente. SI tratta di quello di Egisto, il cugino di Agamennone che sposò la moglie di quest’ultimo mentre era occupato durante la guerra di Troia. Nonostante fosse stato avvertito da un consiglio divino di non desiderare la sposa dell’Atride e di non ucciderlo, egli non diede ascolto. Per questo venne poi ucciso da Oreste, figlio di Agamennone, che vendica il padre. Gli dei si lamentano proprio di situazioni come questa, nelle quali gli uomini non danno retta all’aiuto divino e finiscono col dare loro la colpa per la fine che fanno.  

Per la dea Atena, però, Odisseo ha qualcosa di diverso e non merita l'accanimento divino contro di sé, il quale si aggiunga  a tutte le disgrazie vissute. DI qui la conclusione del confronto, condivisa anche dal capo degli dei, che è quella di agire in favore del protagonista del poema, anche contrastando volontà e decisioni  del dio Poseidone e inviando Telemaco alla ricerca di notizie sul padre.  

 

8) Atena nella reggia di Odisseo. Modello di analisi. 

Il primo personaggio a fare la sua comparsa è quello di Atena, che si reca nella reggia di Odisseo, ad Itaca, sotto le vesti di Mente, il re dei Tafi. Il suo obiettivo è quello di convincere Telemaco a partire alla ricerca del padre.  

Fa subito la conoscenza degli arroganti proci, i pretendenti sposi di Penelope che aspirano al trono di Ulisse. Quando Telemaco scorge lo straniero, rispettando le leggi sull’ospitalità, lo invita ad accomodarsi e mangiare qualcosa.  

I due allora si siedono a tavola e Telemaco comincia a raccontare qualcosa sulla situazione in cui lui e sua madre sono costretti a vivere: è indignato dal fatto che i proci vivano lussuosamente e senza limiti sperperando le risorse del suo defunto padre.  

Atena, nota per  la sua intelligenza, comincia a perseguire il suo intento di far cambiare idea al giovane riguardo alla morte del padre dicendo che sicuramente è ancora vivo, ma trattenuto da qualcuno in terre circondate dal mare. Lascia spazio persino ad una previsione, secondo la quale non passerà molto tempo prima che egli faccia ritorno a casa 

Così incita Telemaco a convocare l’assemblea degli Itacesi, in modo da ordinare ai proci di fare ritorno alle proprie case a partire in cerca di informazioni sul padre nelle città di Sparta e Pilo. Riesce quindi nel suo intento, poiché Telemaco, pur non appoggiato dall’assemblea, si fa forza e parte ugualmente di nascosto.  

All’interno dell’estratto è contenuto il canto dell’aedo Femio, che narra i nostoi degli eroi ritornati in patria.   

 

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