RIASSUNTO ASSEGNATO PER LA VERIFICA DEL 23 OTTOBRE CON REALIZZAZIONE COMPLETA
COGNOME
NOME
CLASSE I C
Torino, 23 ottobre 2019
RIASSUNTO
FOGLIO CONSEGNE
Sul TERZO foglio allegato devi REALIZZARE LA SINTESI PER
SEQUENZE DESCRITTIVE E NARRATIVE del brano proposto (parte 1) e il VERO E
PROPRIO RIASSUNTO (parte 2). Il riassunto deve essere contenuto entro le
200-250 parole. Entrambe le parti saranno corrette e valutate.
Il ragazzo ha confessato che, quel
chiodo, lui l'aveva trovato traversando una strada del quartiere negro di
Harlem. Era un grosso chiodo arrugginito caduto forse da un carro passato poco
prima per la strada.
Caduto apposta.
- Come, apposta?
Inutile sgranar gli occhi, o dare un
balzo sulla seggiola. Se non si voleva tener conto di questo, e del modo come
il ragazzo lo diceva, calmo, convinto, ma fissato negli occhi vitrei il terrore
della cosa incomprensibile e inesplicabile che gli era accaduta, inutile
seguitare a interrogarlo.
Quel chiodo era lì, in mezzo alla
strada deserta, e vi spiccava in tal maniera che irresistibilmente attirava a
sé non pur lo sguardo ma anche la mano di chi si fosse trovato a passare,
forzato a chinarsi per raccattarlo, anche senza sapere che farsene, anche per
ributtarlo sulla strada poco dopo.
Il ragazzo infatti dice che lui non
pensò mai che se ne sarebbe servito; che non ci pensò neppure nell'atto stesso
di servirsene. L'aveva in mano perché non aveva potuto fare a meno di
raccattarlo; ma non ci pensava già più. Il chiodo era ormai "quieto"
nella sua mano (ha detto così, e tutti hanno avuto un brivido nel sentirglielo
dire), il chiodo era ormai "quieto" nella sua mano perché, come
voleva, era stato raccattato.
E così, sempre a suo dire,
ugualmente apposta due monelle di strada, mentre lui stava per svoltare da
quella dove aveva raccattato il chiodo, due monelle, l'una di circa quattordici
anni e l'altra appena di otto, si erano azzuffate tra loro. Incendiate dentro un
nembo di fuoco del sole estivo al tramonto, facevano un groviglio di braccia di
gambe di stracci di capelli; e lì per lì, d'impeto, lui s'era gettato su loro,
aveva alzato il pugno e ficcato il chiodo in testa alla più piccola; poi,
subito dopo, ma veramente dopo un tempo infinito, nel vederla morta come da
sempre, stramazzare ai suoi piedi tutta insanguinata, era restato basito tra
l'orrore della gente accorsa.
Perché aveva colpito la piccola e
non la grande non sapeva dire. Non conosceva né l'una né l'altra. Non aveva
avuto tempo neppur di vederle in faccia. Aveva veduto soltanto che la grande
teneva acciuffata la piccola per i capelli sulle tempie, e che questi capelli
della piccola erano rossi di rame, e una sua mano, come artigliata, sulla
faccia della grande, che le tirava da sotto orribilmente un occhio, scoprendone
tutto il bianco, fin quasi a farlo schizzar fuori.
Era stato forse per quel colore dei
capelli, per quell'occhio così tirato. Perché poi s'era saputo che il torto era
della grande che voleva fare alla piccola una soperchieria, approfittandosi
della gracilità di lei, malatina, come s'era visto bene dal suo visino smunto
affilato, che lì per terra, tra il sangue, era sembrato di cera, una pietà,
quel nasino, quella boccuccia, tutte quelle lentiggini. Nessun dubbio che nella
zuffa avrebbe avuto lei, infine, la peggio.
E lui con quel chiodo l'aveva
uccisa.
Ora, dopo l'interrogatorio, ascolta,
curvo sulla seggiola, e con una cupa maraviglia negli occhi, le mani gracili
sui ginocchi, segnate da graffii che forse lui stesso s'è fatti senza saperlo.
Ascolta le ragioni che gli altri escogitano per spiegare il suo atto.
La sua maraviglia è che possano
esser tante, queste ragioni, mentre lui non sa vederne nemmeno una; tante, e
tutte parer vere e probabili sia quelle escogitate in suo favore, sia quelle
contro di lui.
Ma sì, pajono vere e probabili anche
a lui, se si lascia prendere però a considerarle come un costrutto di ingegnose
supposizioni e invenzioni non propriamente riferibili a lui e al suo atto;
altrimenti no; talune lo farebbero persino ridere, se non si sentisse
trattenuto dallo sbigottimento e da un'altra cosa che gli tengono sotto gli
occhi, sul tavolino del giudice: il chiodo, la cui ruggine s'è tinta d'un rosso
più cupo; e da un'altra cosa ancora, più terribile di tutte, che lui si tien
nascosta nel più profondo del cuore, quasi debba provarne vergogna. Ma non è
vergogna. E' spavento. E trema al solo pensiero che possa essere scoperta. Una
disperata pietà, uno sconsolato amore che gli è nato e a mano a mano cresciuto
per LEI, che solo adesso è venuto a sapere che si chiamava Betty; così
soltanto, Betty; perché così soltanto di nome era conosciuta; e nessuno infatti
è venuto a presentarsi per lei.
Con questo sentimento segreto, che
lo cuoce, non gli importa se coloro che parlano offendono la verità, e dicono
cose contro di lui; anzi n'è contento perché ogni cosa ingiusta che dicono gli
dimostra sempre più che vera è invece soltanto quell'altra a cui nessuno vuol
credere, di quel chiodo cioè caduto apposta e di Betty e dell'altra ragazza
che, proprio mentre lui svoltava dalla strada, si erano azzuffate ugualmente
apposta perché lui da quella loro zuffa trascinato a menar le mani, senza più
pensarci armato di quel chiodo, commettesse la feroce ingiustizia d'uccidere
una innocente.
E non è vero, Betty, dei tuoi
capelli; che i tuoi capelli rossi non erano belli. Erano belli, erano belli e
ti stavano bene. E che importa che sul visino affilato abbia tutte quelle
lentiggini? Se aprissi gli occhi che non t'ho nemmeno visti! Ah, fosse avvenuto
il miracolo che tu, là per terra, fra tutto quel sangue, per far passare a
tutti lo spavento, d'improvviso scoprissi la furbizia di due occhietti vispi.
Ma non è avvenuto questo miracolo. Gli occhietti te li ho visti soltanto
chiusi, per sempre. Forse, malatuccia, non potevi più averli vispi. Non
importa, non importa: aprili, aprili, Betty, e sorridi. Forse ti manca qualche
dentino; non li avrai ancora rimessi tutti; non importa, sorridi. Ma queste
labbra bianche, queste labbra bianche; bisogna lavare subito tutto questo
sangue.
Insulto epilettico? Chi dice insulto
epilettico?
Lo dicono per lui, e spiegano i
sintomi del male. Ma lui è sicuro di non aver mai provato nulla di simile. Può
darsi che sia affetto di quel male senza saperlo, rimasto nascosto fino al
momento del delitto e tutt'a un tratto esploso in lui?
Se seguitano a dire di queste cose
gli faranno scoppiare il cuore, o lo faranno impazzire.
Ma ora dicono istinto malvagio.
Preferisce che dicano così, perché
non è vero. Lui, istinto malvagio? Non ha mai potuto assistere senza ribellarsi
alle crudeltà dei suoi compagni di ricreazione contro qualche bestiolina o un
insetto. Mai rivelato, lui, istinti malvagi. E se credono che ne sia prova quel
chiodo raccattato per terra, fanno ridere. Non lo conoscono. Non parlano di
lui. Nessun istinto s'era risvegliato in lui nell'atto di raccattare il chiodo;
l'aveva raccattato senza neppur pensare a quello che faceva; ed era così al
tutto alieno che, nel tratto di strada prima di svoltare, pensava soltanto al
carro, a un carro da cui quel chiodo poteva esser caduto; un carro che forse s'avviava
verso la campagna lontana. Perché lui tornava proprio dalla campagna in quei
giorni, dov'era stato a villeggiare con la famiglia, l'estate, e ne aveva visti
passare tanti di quei carri lungo i sentieri tra le erbe alte.
Ma, del resto, dicano quello che
vogliono; inventino; facciano le più assurde supposizioni; non gli importa più
di nulla: è già lontano, nella campagna di Old Lime dove ha passato l'estate;
rivede la villa e tutti i dintorni deliziosi nell'aria serena; la barchetta a
vela del padre ormeggiata presso la sponda del fiume, il Connecticut, più
azzurro del mare tra tanto verde d'intorno; è andato col padre su quella
barchetta fino all'oceano; più oltre la mamma non permetteva che si andasse: la
barchetta con tutta la vela era così piccola; ma la villa era grande, con tante
colonne per finta sulla facciata, e tutta circondata da tanti grandi alberi
belli, che il nonno era sicuro fossero eucalipti e il babbo diceva platani e
faggi; eucalipti, eucalipti; platani, faggi; ma il fatto era che facevano tanta
ombra, che dentro la villa quasi non ci si vedeva ed era meglio passare le
giornate all'aperto; del resto in campagna ci si va per questo; ma attento, gli
gridava dietro la madre, di non allontanarti troppo; e loro, seduti sul
davanti, restavano a spiegare agli amici che venivano a trovarli che quella
villa era la più antica di Old Lime, e una delle più antiche di tutta
l'America; mentre lui o correva felice come un pazzo lungo le sponde del fiume
o si perdeva nella campagna, in mezzo all'erba così alta e spessa e che sentiva
così di tutti i succhi della terra che quasi soffocava e ubriacava. Ma ora non
può più esser solo. Ora è là in mezzo a tutta quell'erba, con Betty; vuole
giocar con lei; ma Betty dapprima non vuole; poi gli dà la manina, una manina
ancora fredda fredda, di gelo, che dà un brivido a toccarla; non bisogna più
pensarci; si china a guardarla; lei ora lo segue a capo chino e col ditino
dell'altra mano all'angolo della bocca. Vanno e vanno. Ma così è inutile, se
non debbono giocare. Non vuole più giocare? Non può? E allora? Si vuol gettare
di nuovo a terra? No! No! Betty ora è guarita, e dev'esser vispa di nuovo, e
ridere, ridere, sì. Ma Betty si ferma e con la manina gli fa segno d'attendere
un po'. Che cosa? Deve allontanarsi un momento, un momentino solo. Un bisogno.
Lui resta un po' mortificato. Non gli piace che le femminucce facciano saper
certe cose. Ma ecco che invece di lei, dal punto dove è andata a nascondersi,
vien fuori un'altra ragazza; no, non è quella della zuffa; è una sua cuginetta,
grassa e brutta, quasi della sua età, venuta da Harlem con la madre per passare
in campagna tutta la giornata; lui non la può soffrire. Dov'è andata Betty?
Eccola là lontano che corre; ha preso questo pretesto per fuggire; ha paura di
lui. No, no, Betty; lui non ti farà più male; lui darà la sua vita per farti
rivivere e lascerà che tu prenda in casa il suo posto. Ora sei qui; ci penserà
la mamma a lavarti bene; e via tutti questi straccetti; con un abitino nuovo ti
vestirà, d'un colore che ti stia bene, d'accordo con questi tuoi capellucci
rossi, un abitino color pervinca; oh come ora sei carina così; peccato che lui
non ci debba esser più per vederti, se ha dato per te la sua vita; e tu
resterai sempre piccina così, qua in campagna, senza mai farti grande per
nessuno; in campagna, come in un paradiso, Betty.
Non l'hanno incriminato.
Dichiarato libero, il ragazzo non ha
dato segno di nulla. Ha tratto soltanto un sospiro. E' sicuro che lui morrà di
pena per Betty.
Ma forse non morrà. Passeranno gli
anni. E forse da grande penserà qualche volta a Betty. E la vedrà, sempre
piccina, che lo aspetta in campagna a Old Lime, con l'abitino color di pervinca
sempre nuovo, che s'accorda bene coi suoi capellucci rossi. (LUIGI PIRANDELLO, Novelle per un anno, Una
giornata, Il chiodo)
PARTE 1 –SINTESI DELLE SEQUENZE
DESCRITTIVE E NARRATIVE
Le seguenze descrittive riguardano in parte la situazione al centro della narrazione, in parte memorie e immaginazioni del ragazzo protagonista. Viene descritto il chiodo arrugginito con cui uccide Betty, le due monelle (tra cui Betty stessa), la campagna di Old Lime dove il ragazzo ha trascorso l'estate e il suo sogno di tornarci e ritrovare Betty, rivestita con un abito color pervinca, con cui poter giocare. Le sequenze narrative riguardano il racconto del ritrovamento del chiodo caduto dal carro, l'atto di uccidere Betty che si stava azzuffando con una compagna più grande, la situazione in cui si trova il ragazzo (interrogato evidentemente dalle autorità che discutono su cosa l'abbia indotto uccidere la bambina), le sue memorie estive in campagna. PARTE 2 – RIASSUNTO IN 225-250 PAROLE
La novella di Pirandello è raccontata da un narratore onnisciente, che conosce i pensieri del protagonista, un ragazzo che ha commesso un atto gravissimo: ha ucciso una bambina di otto anni di nome Betty, apparentemente senza motivo, mentre stava azzuffandosi per strada con una ragazzina di quattordici, che stava per sopraffarla. Lo strumento dell'uccisione, che dà il titolo alla narrazione, è un chiodo arrugginito, caduto da un carro pochi istanti prima che il ragazzo, raccoltolo, lo usi per uccidere la piccola Betty. La narrazione è interamente occupata dall'evocazione dei pensieri del ragazzo, che non si dà pace né di quanto avvenuto né del fatto che gli adulti che lo interrogano cerchino di fornire spiegazioni razionali, psicologiche di quanto è accaduto. Le uniche certezze del ragazzo sono che Betty, la quale aveva i capelli rossi, le lentiggini e era molto gracile e piccola per la sua età, è morta, e che a lui piacerebbe invece poter giocare con lei nella campagna di Old Lyme dove ha trascorso l'estate e dalla quale era appena ritornato quando è accaduto il fatto. S'immagina, proprio alla fine della novella, che una volta lì, ritroverà Betty e potrà giocare con lei per sempre, come se quel posto fosse il paradiso. Alla fine si apprende che il ragazzo non è incriminato per la morte di Betty, ma il narratore sottolinea ancora che in lui rimarrà un ricordo incancellabile della bambina, che nella sua memoria non diventerà mai grande. (248)
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