EPICA: AGAMENNONE EROE UMANO - VERSIONE IN PROSA

Materiali da leggere prima di procedere con la lettura del testo  sottostante e con il lavoro richiesto
da Narrami o musa, pp. 120- 124: sia il testo omerico, sia le note, sia il percorso di lettura. Il tutto con grande attenzione. Poi...
  EROI UMANI, MOLTO UMANI
Il titolo mette  in evidenza quale sia il centro del nostro interesse: gli aspetti umani di eroi che, per nascita e per azioni prevalenti compiute, sembrano collocarsi in una dimensione ultraterrena, distante dai comuni mortali, quand'anche non siano a loro volta immortali. Il testo omerico che stiamo leggendo è, sotto questo profilo, illuminante:  le sfaccettature dei loro caratteri sono molteplici e ciascuno di loro è appunto, prima ancora  che, o mentre è un eroe, anche un umano che si comporta più o meno bene, a seconda dei casi. 
Agamennone, per esempio, è il capo riconosciuto della spedizione achea e in lui si sommano per così dire due poteri: il primo gli proviene dal fatto di essere re dell'Argolide, il secondo appunto da quello di essere la guida della spedizione contro Troia. Anche in Achille si sommano due prerogative: quella divina, che gli proviene dall'ascendenza materna, e quella di re di Ftia, in Tessaglia. Entrambi, nel I libro del poema, sono sottoposti a quella che noi oggi definiamo pressione psicologica. Essa proviene fondamentalmente dalla collettività: è la collettività, l'assemblea di Achei convocata da Achille per risolvere il grave problema della pestilenza nel campo greco, a indurre (con la sua presenza muta) Agamennone a restituire Criseide al padre Crise, badando però poi a ripristinare l'onore perduto (per via della diminuzione del suo bottino) sottraendo Briseide a Achille. Oltre alla pressione della collettività si sente però anche la pressione del piano divino: se non ci fosse la pestilenza, se non ci fosse l'indovino Calcante interprete degli dei che ne spiega il motivo, Agamennone non sarebbe costretto a restituire Criseide e, a seguire, Achille non si adirerebbe al punto da ritirarsi dai combattimenti. 
La caratterizzazione attraverso il testo di Agamennone e Achille è dunque molto importante, e io voglio procedere facendovi per prima cosa fare una VERSIONE IN PROSA di alcuni versi, corrispondenti all'inizio di quelli riportati sul nostro libro di testo, tradotti però da Vincenzo Monti, poeta del primo Ottocento. 
Li riporto di seguito, e vi chiedo di mandarmi, per la prossima settimana (non oltre venerdì) il lavoro richiesto. 
Perché non sbagliate, riporto qui alcune regole per effettuare la versione in prosa. 
Come suggerisce la denominazione VERSIONE IN PROSA, si tratta di compiere una sorta di traduzione (nel senso etimologico del termine, condurre di là da) di un testo poetico, trasformandolo in testo prosastico. Di conseguenza, PRIMA REGOLA, nella versione in prosa NON SI MANTIENE LA SCANSIONE METRICA OSSIA LA SUDDIVISIONE IN VERSI. Inoltre, SECONDA REGOLA, l'ordine delle parole viene cambiato, reso anch'esso prosastico, dato che non è più necessario rispettare le norme metriche di cui sopra. e nemmeno quelle della retorica. TERZA REGOLA, si devono cambiare le parole del testo in modo da renderlo meno poetico e, nel caso della traduzione di Monti che scrive nel 1800, più vicino a noi. Si tratta di un ottimo esercizio per imparare a srivere e per questo vi esorto a lavorare da soli, servendovi ovviamente del dizionario. 
Tacque, e s’assise. Allor l’Atride eroe135
Il re supremo Agamennón levossi
Corruccioso. Offuscavagli la grande
Ira il cor gonfio, e come bragia rossi
Fiammeggiavano gli occhi. E tale ei prima
Squadrò torvo Calcante, indi proruppe:
140
     Profeta di sciagure, unqua un accento
[p. 6 modifica]
Non uscì di tua bocca a me gradito.
Al maligno tuo cor sempre fu dolce
Predir disastri, e d’onor vote e nude
Son l’opre tue del par che le parole.
145
E fra gli Argivi profetando or cianci
Che delle frecce sue Febo gl’impiaga,
Sol perch’io ricusai della fanciulla
Crisëide il riscatto. Ed io bramava
Certo tenerla in signoria, tal sendo
150
Che a Clitennestra pur, da me condutta
Vergine sposa, io la prepongo, a cui
Di persona costei punto non cede,
Nè di care sembianze, nè d’ingegno
Ne’ bei lavori di Minerva istrutto.
155
Ma libera sia pur, se questo è il meglio;
Chè la salvezza io cerco, e non la morte
Del popol mio. Ma voi mi preparate
Tosto il compenso, chè de’ Greci io solo
Restarmi senza guiderdon non deggio;
160
Ed ingiusto ciò fôra, or che una tanta
Preda, il vedete, dalle man mi fugge.

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