COMPITO PER IL 21 APRILE (con mia traduzione)
Oltre allo studio di tutti i materiali inerenti a Plauto/Terenzio (per interrogazione stile Dante e Boccaccio), tradurre fino al labor limae (interlineare, riordino) la seguente fabula, tratta dal IV libro.
Sempre per l'interrogazione, preparare una breve analisi, che leggerete se sarete interrogati, concepita come il modello con citazioni utilizzato per un personaggio delle favole. Il titolo dell'analisi è: "Gli apologhi di Fedro rispecchiano una visione negativa dei rapporti sociali". Apprezzerò in particolare il riferimento a più fabulae. Lunghezza minima: 500 parole.
IV, 81
Plus esse in uno saepe quam in turba boni |
Spesso, uno vale più di molti |
Plus esse in uno saepe quam in turba boni
donate moechae. Nulla poterit perpeti
|
Voglio lasciare memoria di
come spesso uno solo valga più di tanti. Un padre, morendo, lasciò tre figlie, una attraente e
civetta, una abile nella filatura e rozza, una terza ripugnante, sempre
attaccata alla bottiglia. Il vecchio assegnò l’eredità destinata a costoro
alla madre, imponendo la condizione che suddividesse equamente l’intera
fortuna fra loro tre in tal modo, ossia “Di non renderle né proprietarie né
usufruttuarie” e poi “di assegnare sesterzi in quantità centuplicata alla
madre sia in caso di rinuncia sia in caso di accettazione dell’eredità.” Ad
Atene le chiacchiere abbondano, la madre in tutta fretta consulta esperti
avvocati; nessuno capisce come possano ricavare una rendita da un possesso
inesistente; e poi, come possano dare soldi se non hanno preso nulla. Dopo
aver trascorso molto tempo senza essere riusciti ad assegnare un significato
al testamento, la madre, messo da parte il diritto, s’appellò alla sua
coscienza. Alla civetta assegnò vestiti e belletti, suppellettili eleganti,
eunuchi; all’industriosa filatrice campi, pecore, fattoria, braccianti, buoi
giumente e attrezzi rustici; alla beona
la cantina piena di orci, la casa elegante e i bei giardini. Mentre
così si apprestava alla distribuzione e il popolo approvava, data la
conoscenza che aveva di loro tre, all’improvviso ecco Esopo tra la folla che dice:
“Se il povero padre dalla tomba potesse sentirvi, come sopporterebbe di mala
grazia la totale incomprensione della sua volontà da parte degli abitanti
dell’Attica!” Richiesto quindi di rimediare all’errore collettivo: “Date casa e suppellettili, giardino e vino d’annata alla filatrice; abiti, perle, schiavi alla dissipatrice; campi e fattoria, pecore e pastori alla beona. Nessuna riuscirà a tenere qualcosa di così estraneo ai propri costumi. Quella brutta venderà per procurarsi vino, la civetta svenderà campi per procurarsi abiti; quella dedita alla filatura e a cui piacciono le pecore darà via a qualsiasi prezzo la casa lussuosa. Così nessuna possiederà ciò che le è stato dato e dal prezzo della vendita ricaveranno il denaro dovuto alla madre.” Fu così che l’avvedutezza di uno solo sopperì alla mancanza di senno di molti. CB |
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