MATERIALI PER LA VERIFICA E INDICAZIONI GENERALI SU COME SIA STRUTTURATA
- Portare il dizionario di latino.
- Non sarà possibile consultare il blog, nemmeno occasionalmente.
- Non saranno messe sempre a disposizione le traduzioni ma quasi sempre solo il testo in latino, che, a seconda del compito assegnato a ciascuno, dovrà essere utilizzato per approfondire concetti e/o analizzato (in qualche caso anche morfologicamente e sintatticamente) per ricavarne significati e commenti.
Elenco dei materiali per la preparazione:
1) il saggio scritto da me;
2) i lavori di traduzione contrastiva effettuati sui versi 1-42;
3) la biografia/bibliografia di Ovidio che leggete nel seguito del post. Il taglio, rispetto al saggio in cui ho scelto un filo conduttore, è decisamente didascalico, ma ovviamente qualche informazione è ripetuta.
Vita e opere di Ovidio
Ovidio nasce a Sulmona, attualmente in Abruzzo, nel 43 a. C. e muore a Tomis, o Tomi, ora in Romania, nel 17 d.C. La sua vita si svolge quindi in quell'arco di tempo che, dal punto di vista storico, ospita radicali cambiamenti per i cives romani, a cominciare da quello istituzionale: con la morte di Cesare nel 44 a. C., la ripresa delle guerre civili che vedono scontrarsi gli eredi del dittatore, Antonio e Ottaviano, e poi affermarsi quest'ultimo, che diventa l'effettivo detentore del potere, la repubblica si modifica con relativa gradualità, fino a diventare definitivamente un principato. A quel punto l'auctoritas è prerogativa dell'Augusto, ovvero Ottaviano, che deve poi anche occuparsi della scottante questione della scelta del successore, che avverrà per via di adozione. Scelta travagliata, complicata da circostanze fortuite (come la morte di alcuni prescelti), ma alla morte del princeps, avvenuta quando ancora Ovidio è in vita, nel 14 d. C., assumerà effettivamente potere un esponente della gens giulio-claudia, per via di adozione da parte di Ottaviano Augusto, ovvero Tiberio, destinato a regnare fino al 37 d. C, figlio di Livia Drusilla e di Tiberio Claudio Nerone.
Ovidio si forma a Roma, studiando retorica e poesia, entrando a contatto con letterati del suo tempo, quali Orazio e Properzio fra quelli che studieremo quest'anno, e con circoli letterari: quello di Messalla, destinato ai poeti elegiaci, e poi, più rilevante per i contatti stretti col potere dell'imperatore, quello di Mecenate, maggiormente rivolto all'epica, per via della sua possibile finalizzazione ai progetti culturali del potere (come si vede nel caso degli haud mollia iussa rivolti a Virgilio, ai quali si connette la scrittura delle Georgiche, ma soprattutto dell'Eneide).
L'elegia è in effetti alle origini dell'ispirazione di Ovidio. Al 14 a. C. risalgono gli Amores, in cinque libri, poesie galanti, alle quali fanno seguito le più impegnative Heroides, 21 lettere fittizie scritte da celebri eroine della mitologia ai loro amanti, rimaneggiate e riedite più volte. In particolare le prime 14 sono lettere di eroine mitiche (Penelope a Ulisse, Fillide a Demofoonte, Briseide ad Achille, Fedra a Ippolito, Enone a Paride, Ipsipile a Giasone, Didone a Enea, Ermione a Oreste, Deianira a Ercole, Arianna a Teseo, Canace a Macareo, Medea a Giasone, Laodamia a Protesilao, Ipermestra a Linceo); la quindicesima è l'unica lettera di un personaggio non mitologico, ma storico, della poetessa Saffo a Faone; le ultime 6, disposte a coppie, e composte da Ovidio forse successivamente, sono lettere di eroi alle loro amate, seguite dalla risposta di queste (Paride a Elena, Leandro a Ero, Aconzio a Cidippe). Sono concepite nella forma retorica della suasoria, ossia del discorso persuasivo, volto a convincere a compiere una determinata azione, nel caso specifico a ricambiare un amore. Con le Heroides Ovidio inventa un nuovo genere, l'epistola erotica in versi, che ha un unico precedente nel componimento di Properzio, un'elegia in forma di epistola di Aretusa a Licota, due pseudonimi per personaggi reali.
Con l'Ars amatoria, Ovidio porta a completa maturazione la sua vena elegiaca, concependo un'opera in tre libri di distici elegiaci. Come suggerito dal titolo, il poeta sceglie la forma elegiaca ma la rende didascalica proponendosi di trasmettere l'arte di amare; in armonia con questa scelta di stile, i primi due libri sono precipuamente rivolti agli uomini per insegnare a conquistare (il I libro) e a conservare (il II) l'amore di una donna; il III contiene invece indicazioni di ars amatoria rivolte alle donne. L'Ars amatoria, individuata come l'opera colpevole è per cominciare riassumibile in tre semplici principi: individuare la donna da conquistare, conquistarla, conservarla. Nel terzo libro, aggiunto in tempi successivi alla prima pubblicazione da Ovidio, alle donne sono insegnate le tecniche per farsi amare. Il testo ridonda di immagini tratte dall'ambito guerresco: l'eroico che diventa erotico, con un primo capovolgimento del quale certo tener conto. A questo possiamo subito aggiungere, per seguire questo filo, l'utilizzo degli scenari urbani come cornice ideale per incontri, inseguimenti, amplessi furtivi, appostamenti. Quella Roma che Augusto vuole sacralizzata, e che ridisegna in modo da renderla anche il palcoscenico dei suoi trionfi, si degrada nel testo ovidiano in luogo ideale per l'adescamento amoroso. Ovidio prende i simboli del potere e li depotenzia scrive Nicola Gardini nel suo saggio La felicità di leggere Ovidio, rimarcando come l'arte dell'amore sia fondamentalmente antipolitica e anticivica. E come Ovidio proceda a desacralizzare anche l'ars oratoria, finalizzandola alla seduzione, alla persuasione delle prescelte affinché si lascino amare. La donna è predisposta alla resa da un eloquio affascinante così come il popolo dal politico o il giudice dall'ottimo oratore. I consigli di Ovidio vanno nella direzione della sprezzatura che presto conosceremo nelle pagine del cinquecentesco autore di trattati Castiglione: si tratta di parlare bene senza far vedere che vi sia una cura speciale nella scelta delle parole. La dissimulazione è un'arte fondamentale per il conquistatore di cuori. Non voglio però, e anche per questa considerazione seguo quanto scrive Nicola Gardini nel suo saggio, presentare l'Ars amatoria come un'opera leggera, ironica e salottiera, destinata a un pubblico frivolo e nemmeno come un prontuario messo a disposizione di amanti inetti. L'Ars amatoria è piuttosto intrisa di religiosità (ovvero di senso del sacro), in quanto espressione di una cultura che non ha più nessuna fede negli dei e nella tradizione. Vi canto la realtà proclama Ovidio al v. 30, nell'incipit quindi dell'Ars. Poesia che scaturisce dalla realtà, dal quotidiano, dall'usus. Una realtà che il poeta mentiatur ossia finge, in quanto ricrea, rappresenta. Gli dei non esistono, ma esistono gli esseri umani. Come sorta di completamento pratico dell'Ars amatoria Ovidio concepisce i Remedia amoris e i Medicamina faciei, rispettivamente un breve poemetto in distici e un carme, sempre in distici, dedicati l'uno alle pozioni d'amore, l'altro ai cosmetici.
Al 2/3 d.C. risalgono le Metamorfosi (poema in 15 libri di esametri) e i Fasti, che nel progetto iniziale dovevano essere 12 libri di esametri dedicati ai giorni del calendario romano, in una prospettiva eziologica mutuata da Callimaco, ma la partenza per Tomi fermò il lavoro al sesto libro. Tristia e Epistulae ex Ponto, composte in esilio, concludono la sua produzione. I primi sono cinque libri di elegie, le seconde, epistole poetiche o elegie in forma epistolare, di cui l'ultimo libro, il quarto, è pubblicato postumo.
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