COMPITI LATINO per 21 DICEMBRE E ELENCO INTERROGATI
Jacopo, Filippo G., Giuseppe, Filippo M., Andrea T. [consegna scritto entro mercoledì], Tommaso, Alberto SARANNO INTERROGATI SUL MATERIALE DELLA VERIFICA E SU QUELLO CHE SI TROVA PUBBLICATO IN QUESTO POST.
Sallustio
Catilina, dopo aver tentato invano di diventare console (per due volte, nel 65 e nel 63) ordisce la congiura con con alcuni elementi dell'aristocrazia e con l'aiuto delle popolazioni italiche. La lontananza di Pompeo avrebbe potuto render critica la posizione del governo, ma Cicerone, diventato console proprio nel 63, si era già procurato le prove in una fase ancora embrionale dell'organizzazione della congiura e, avuti i pieni poteri del senato, costrinse Catilina alla fuga e fece arrestare gli altri capi; in questa occasione compose le quattro orazioni dette Catilinarie. L'8 nov.embre 63, dopo la prima orazione di Cicerone, Catilina fuggì da Roma a Fiesole presso Manlio, che aveva raccolto un esercito in Etruria, ma cadde al principio del 62 combattendo presso Pistoia contro Petreio.
LA PRIMA CATILINARIA DI CICERONE
La prima catilinaria si apre con un esordio concitato, un periodare paratattico e incalzante, ricco di interrogative retoriche che puntano più sul movere [smuovere i sentimenti] che sul probare [dimostrare] la colpevolezza di Catilina. Intento di Cicerone è infatti quello di convincere Catilina ad abbandonare Roma, più che a condannarlo. Tra il primo e il secondo paragrafo si assiste a questo incalzare sempre più insistente, volto a porre Catilina in posizione di scacco anche su un piano emotivo. Quindi nei paragrafi 3 e 4 il console cita l’esempio di privati cittadini che uccisero senza processo alcuni personaggi ritenuti pericolosi (ognuno definito con l’espediente retorico di utilizzare sempre un participio presente per indicare l’azione di cui era imputato). La contrapposizione tra quei gesti di coraggio e devozione verso lo stato, alla debolezza di un senatoconsulto che continua a temporeggiare, è sottolineata antifrasticamente dal chiasmo fortes viri/viri fortes e dall’utilizzo dei tempi verbali: passato nel quarto paragrafo e presente nel quinto.
[1] Quo usque tandem abutere*, Catilina, patientia nostra? quam diu etiam furor iste tuus nos eludet? quem ad finem sese effrenata iactabit audacia? Nihilne te nocturnum praesidium Palati, nihil urbis vigiliae, nihil timor populi, nihil concursus bonorum omnium, nihil hic munitissimus habendi senatus locus, nihil horum ora voltusque moverunt? Patere tua consilia non sentis, constrictam iam horum omnium scientia teneri coniurationem tuam non vides? Quid proxima, quid superiore nocte egeris, ubi fueris, quos convocaveris, quid consilii ceperis, quem nostrum ignorare arbitraris?
[2] O tempora, o mores! Senatus haec intellegit. Consul videt; hic tamen vivit. Vivit? immo vero etiam in senatum venit, fit publici consilii particeps, notat et designat oculis ad caedem unum quemque nostrum. Nos autem fortes viri* satis facere rei publicae videmur, si istius furorem ac tela vitemus. Ad mortem te, Catilina, duci iussu consulis iam pridem oportebat, in te conferri pestem, quam tu in nos omnis* [omnes iam diu] machinaris.*
Traduzione [molto letterale]
[1] Fino a quando, Catilina, abuserai dunque della pazienza nostra? Quanto a lungo ancora codesta tua follia ci schernirà? A che punto si spingerà (questa tua) sfrontata audacia? Non ti ha scosso né il presidio notturno sul Palatino, né la vigilanza della città, né il timore del popolo, né l’accorrere di tutti i boni, né questo luogo assai fortificato per accogliere il senato né l’espressione [lett.: la bocca] e il volto di questi? Non senti che i tuoi piani sono scoperti, non vedi che a tua congiura è ostacolata dal fatto che tutti ne sono a conoscenza [lett.: è tenuta ristretta dalla conoscenza di tutti questi]?
[2] O tempora, o mores! Il senato è a conoscenza di queste cose, il console (le) vede; questi tuttavia vive. Vive? Non solo, invero viene anche in senato, diviene partecipe alla pubblica decisione, osserva e condanna a morte chiunque dei nostri. A noi forti uomini tuttavia sembra di fare abbastanza per la repubblica, se evitiamo la follia e gli inganni di costui. Era opportuno, Catilina, che tu fossi condotto a morte sotto ordine del console già molto prima, che in te fosse raccolto il danno che tu [ormai da tempo] macchini per noi.
DOMANDE (tutti devono rispondere per scritto)
1) Descrivi la situazione che si crea a Roma nel momento in cui Catilina decide di organizzare la congiura.
2) Confronta il discorso di Catilina per animare i congiurati con l'incipit della I catilinaria sopra riportato: quali sono i valori e i riferimenti morali evocati dai rispettivi oratori? Non trascurare di considerare che l'orazione di Catilina è una ricostruzione di Sallustio.
OVIDIO
Quo simul adclivi Clymeneia limite proles
venit et intravit dubitati tecta parentis,
protinus ad patrios sua fert vestigia vultus
consistitque procul; neque enim propiora ferebat
lumina: purpurea velatus veste sedebat
in solio Phoebus claris lucente smaragdis.
A dextra laevaque Dies et Mensis et Annus
Saeculaque et positae spatiis aequalibus Horae
Verque novum stabat cinctum florente corona,
stabat nuda Aestas et spicea serta gerebat,
stabat et Autumnus calcatis sordidus uvis
et glacialis Hiems canos hirsuta capillos.
Inde loco medius rerum novitate paventem
Sol oculis iuvenem, quibus adspicit omnia, vidit
«quae» que «viae tibi causa? Quid hac» ait «arce petisti,
progenies, Phaethon, haud infitianda parenti?».
Appena giunse là, dalla via in salita, il figlio di Climene ed entrò nel palazzo del padre oggetto di dubbio, subito si avviò verso il padre e si fermò lontano; ché non riusciva a tollerare la luce più da vicino: Febo, vestito di un abito purpureo era assiso su un trono scintillante di smeraldi luminosi. A destra e a sinistra stavano il Giorno, il Mese, l’Anno, i Secoli e le Ore distanziate con regolarità, nonché la novella Primavera cinta da una corona di fiori e la nuda Estate portando serti di spighe e l’Autunno imbrattato dall’uva pigiata e il gelido Inverno, irti i suoi bianchi capelli. Posto in quel mezzo il Sole, che vede ogni cosa, scorse il giovane atterrito dalla novità dello spettacolo e «Quale il motivo di questo tuo viaggio? — chiese — cosa sei venuto a cercare in quest’alta sede, o Fetonte, figlio che non sarà mai misconosciuto dal padre?».
1) Individua le corrispondenze di traduzione proposta delle parti in grassetto e analizzale in latino.
2) Per quale motivo Fetonte è paventem?
3) A che cosa corrispondono tutte le parole scritte in maiuscolo?
4) In quale modo, ovvero attraverso quali termini, si manifesta il motivo metamorfico nei versi sopra riportati?
LAVORO DI LISA E VIRGINIA CORRETTO (modello della realizzazione del compito del 14 dicembre)
Ovidio
Nei primi versi del II libro delle Metamorfosi viene descritta la reggia del Sole, micante auro (tradotta luccicante a causa dell'oro, ma letteralmente clara, ossia visibile, a causa dell'oro luccicante), espressione costituita dal participio presente del verbo mico in ablativo, concordato con auro, sostantivo neutro della seconda declinazione aurum, a costituire appunto un complemento di causa. L’altra causa dello splendore della dimora del dio è imitante pyropo (che imita a causa del piropo flammas, ovvero le fiamme), espressione formata da imitante, un participio presente del verbo imito e pyropo un ablativo che funge da complemento di causa derivante dal sostantivo maschile della seconda declinazione pyropus. Dopo aver proceduto ancora a descrivere la prima vista che la reggia offriva agli occhi degli occasionali spettatori, prosegue con l’affermazione materiam superabat opus (lo stile superava la materia), costituita dal predicato superabat, imperfetto indicativo alla terza persona singolare del verbo supero, il cui soggetto è opus, sostantivo al nominativo della III declinazione e accompagnato dal complemento oggetto materiam, accusativo singolare del sostantivo femminile della I declinazione materia. Ovidio racconta che proprio in quel luogo Vulcano aveva intarsiato i mari cingentia terras (che cingono le terre), in cui il participio presente del verbo cingo all’accusativo concordato a medias funge da proposizione relativa, e il cielo quod inminet (che è sospeso) sul mondo, espressione formata dal pronome relativo all’accusativo quod e il predicato al presente indicativo inminet. Nelle onde dei mari si vedono gli dei marini e le figlie di Doride quarum (pronome relativo femminile al genitivo plurale che funge da complemento partitivo) pars (sostantivo femminile della terza declinazione al nominativo che funge da soggetto di nare videtur) nare (infinito di no) videtur (terza persona singolare del presente da videor verbo deponente intransitivo), pars in mole sedens virides siccare capillos, pisce vehi quaedam (una parte delle quali par che nuoti mentre un’altra che se ne stia su uno scoglio ad asciugarsi i capelli verdi; altre ancora trasportate dai pesci).
La reggia era tempestata d’oro, d’argento e d’avorio, eppure il valore artistico era superiore alla ricchezza della materia. O meglio, servendosi direttamente del testo poetico, ovvero dell'espressione Materiam superabat opus, si può notare che il termine superabat abbia non solo il significato di essere superiore, ma più precisamente quello di passare oltre. Quindi il valore che ha l’edificio, trascende dai ricchi materiali che sono stati utilizzati per costruirla, ed è racchiuso invece nel metodo con cui è stata costruita. Tutt’intorno vi erano creazioni divine; il mare, abitato da dei marini; la terra, i fiumi, gli animali, le ninfe. E a fare da sfondo a questa divina bellezza vi era il cielo, immenso e splendente proprio come in un dipinto. Quindi non si tratta più di cosa è stato usato per la costruzione, ma di come ogni singolo tassello sia stato posizionato in una composizione perfetta. Il manufatto è un indistinto confine. I manufatti dei quali parla il poeta possono essere definiti indistinti confini, proprio come fa Calvino quando definisce con questo termine ciò che sta a metà tra l’umano e il divino, la minuscola frazione di tempo durante la metamorfosi in cui le due realtà si mescolano diventando indistinguibili. La reggia del dio Sole, potrebbe ben essere una delle dimore reali terrestri e il lavoro compiuto dal dio Mulciber (Vulcano) è paragonabile a quella che svolgono gli artigiani sulla terra. Ecco che in questa metamorfosi, che vede i materiali utilizzati trasformarsi in una reggia, l’opera umana e quella divina sembrano incontrarsi e diventare indistinguibili proprio nei manufatti.
Sallustio
In questa sezione del De Catilinae Coniuratione Sallustio riporta il discorso che Catilina rivolge ai suoi soldati per incoraggiarli e per convincerli a seguirlo nella sua battaglia contro i potenti, così da poter guadagnare la libertà. Però non è veramente la libertà il suo obiettivo, o almeno non quello più ambito, bensì sono le ricchezze dei potenti. Il discorso esortativo, infatti, prosegue rilevando come sia inaccettabile che i detentori del potere ricevano tutti i benefici dei tributi da parte di re e tetrarchi e di popoli e nazioni che pagano l'imposta, mentre loro, che pure sono valorosi, prodi, nobili e non nobili vivono nella miseria e nella sofferenza. Perciò, perché non dovrebbero ribellarsi a questa ingiustizia e lasciare che solo i potenti vivano beati, mentre potrebbero ribellarsi e guadagnare non solo la libertà, ma anche denaro e gloria? Inoltre, in questo discorso è possibile riconoscere l'espressione di alcune delle caratteristiche descritte da Sallustio nel suo ritratto a Catilina: del comandante appare sicuramente l'eccezionale vigore d’animo, ma anche il particolare interesse per la guerra, la sua facondia e, soprattutto, la sua avidità, volta a appropriarsi di beni a suo dire ingiustamente detenuti da altri.
Infine, è chiaro come questo discorso confermi totalmente le critiche ai vizi umani che Sallustio spesso muove nelle sue opere. Infatti, non solo questa orazione rende palesi i vizi di Catilina, ma dimostra come anche i suoi seguaci siano avidi, visto che dopo aver capito che potrebbero guadagnare ricchezze decidono di seguirlo.
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