REVISIONI MATERIALE VIRGILIO (APPOSITAMENTE NON CORRETTE)
Filippo G., Andrea S.
Virgilio nasce nel 70 a.C. ad Andes, un piccolo centro della Gallia Cisalpina vicino a Mantova. Passa, quindi, i primi anni della sua vita nella pianura Padana, luogo di cui lui descrive i paesaggi e le suggestioni che questi infondevano nel poeta.
Virgilio si allinea pienamente allo stile classico, che mira all’armonia e all’equilibrio tra forma e contenuto, una fusion obbligata che li rende fatti della stessa sostanza. Questo stile è Apollineo, in quanto mira a un luminoso ordine sapendo, però, che grazie all’oscuro caos il suo obiettivo può esistere. Usa lo stile classico a partire dalla sua prima opera, le Bucoliche, composte tra il 42 e il 39 a.C. Le Bucolica carmina (canti dei bovari) sono un genere letterario, inventato da Teocrito (poeta del III secolo), che Virgilio maneggia: accentua la stilizzazione e introduce elementi realistici (come è osservabile nella I e nella IX egloga, che sembrano riflettere sul tema dell’espropriazione delle terre). Nelle IV invece il poeta si eleva al di sopra del mondo rurale e diventa un oracolo, cantando una poesia visionaria dal linguaggio oscuro. L’idea alla base delle Bucoliche è che la sorte ha arbitrariamente controllo su tutto (Fors omnia versat). Subito dopo la loro composizione entra nel circolo culturale di Mecenate. Successivamente inizia a lavorare alle Georgiche (Canti sulla vita dei campi), il cui titolo rimanda alla poesia didascalica ellenistica, tradizione di cui il padre è Esiodo, e al suo interno la concezione pessimistica delle Bucoliche viene modificata. Il poema è didascalico, per l’appunto, diviso in 4 libri, ognuno dedicato a un aspetto diverso della vita nei campi. Ogni libro riesce ad essere collegato all’altro malgrado la propria autonomia tematica e ognuno è introdotto da un proemio e concluso con delle digressioni di estensione regolare, nel I dedicate alle guerre civili, nel II alla lode alla vita agreste, nel III alla peste di animali nel Norico e nel IV alla storia di Aristeo e le sue api. Quindi, il I e il III, che si occupano rispettivamente della coltivazione dei campi e dell’ allevamento del bestiame, presentano un forte richiamo interno (guerre civili e peste), mentre il I e il IV, che trattano rispettivamente l’arboricoltura e l’apicoltura, offrono visioni più rassicuranti. Inoltre, nella sua opera a tratti riprende e a tratti si distanzia da Lucrezio, come nel II libro, dove si allontana dalla visione giovanile di Epicuro, non può accettare il suo antiprovvidenzialismo e affida alla benedizione degli dei i frutti della propria fatica nei campi. I contenuti dell’opera, quindi, sono collegati allo spirito dell’epoca, ma allo stesso tempo varcano i confini del transitorio, scrivendo nel I libro Labor omnia vicit/ improbus et duris urgens in rebus egestas (La fatica, incessante, ha trionfato su tutto, e il bisogno pressante nelle difficoltà). Sempre sul tema del lavoro, espone la sua personale visione della fine dell’età dell’oro, voluta da Giove per stimolare con la fatica l’ingegno umano. L’età dell’oro, quindi, è l’inizio della storia umana e la perdita di questa condizione è ciò che permette l’avvio dell’evoluzione dell’uomo. Combina, in questo modo, l’idea lucreziana di progresso unito all’egestas a urgere (ovvero il bisogno di premere nelle difficoltà così da spingere l’uomo a scoprire le artes) e quella stoica e riesce ad esaltare il labor e dare una rappresentazione realistica della vita contadina allo stesso tempo.
Alla fine del II libro, poi, introduce il confronto tra vita cittadina, caratterizzata da lusso, avidità e violenza, e vita di campagna, all’insegna del labor: la corruzione e l’arroganza di chi vive la prima vita e la felicità di chi vive nella seconda. Finirà le Georgiche nel 29 a.C. e da quel momento in avanti si dedica all’Eneide.
Nel 19 a.C. morirà a Brindisi, mentre era di ritorno da un lungo viaggio in Grecia a causa di una malattia contratta nella traversata. Prima di trapassare, le fonti ci raccontano, ha implorato i suoi amici di bruciare l’Eneide, opera che lui considerava incompiuta è insoddisfacente e non voleva che un’opera del genere diventasse la sua opera principale. Alla fine, però, Augusto riesce a preservare l’opera, tramite un baratto: si narra che l’imperatore promise al poeta di liberare tutti i suoi schiavi in cambio della pubblicazione dell’opera. E questo fu un bene per l’autore. Infatti, l’Eneide divenne l’icona della perfezione classica e il poema con il quale il mondo latino è riuscito nell’emulatio del mondo greco. Il poema è divenuto un modello preso d’esempio durante i secoli successivi: nel Medioevo con Dante, che a distanza di secoli riuscì ancora a percepire la potenza di questo poema e questo lo portò a scegliere proprio lui guida nell’Inferno e nel Purgatorio, nell'Umanesimo, nel Rinascimento fino ai giorni nostri, che ancora ci mettiamo ad ascoltare ciò che quest’opera universale ha da raccontare. Virgilio ha avuto una risonanza tale che anche nel ventesimo secolo con il tedesco Hermann Broch, che scrive il romanzo La morte di Virgilio, nel cui incipit evoca gli ultimi momenti del poeta.
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Martina, Matteo
Virgilio nasce nel 70 a.C. nelle vicinanze di Mantova, a Andes, all’epoca parte della Gallia Cisalpina. Egli è autore di tre opere, tra le più famose e influenti della letteratura latina: le Bucoliche, le Georgiche e l'Eneide.
Le prime di esse, composte tra il 42 e il 39 a.C., seguono il modello di Teocrito introducendo però nuovi elementi realistici, come ad esempio la Storia (principalmente le sanguinose guerre civili). Le I e IX ecloga sembrano riflettere l'esperienza autobiografica di Virgilio riguardo alle espropriazioni di territori a favore dei veterani, mentre nella IV ecloga il poeta si solleva oltre la sfera pastorale per cantare un grande evento, probabilmente espressione di una poesia visionaria. L'idea dominante nelle Bucoliche è la Fors che omnia versat, la sorte che ha in sua balìa tutto, una concezione pessimistica che viene modificata nell'orizzonte ideologico delle Georgiche, che Virgilio inizia a scrivere subito dopo la pubblicazione delle prime, completandole nel 29a.C.
Nelle Georgiche Virgilio tratta il tema del rapporto tra uomo e natura, in particolare nel contesto della vita agricola. La poesia è di natura didattica, poiché mira a istruire il lettore sui migliori metodi di agricoltura e allevamento degli animali. Tuttavia, contiene anche riflessioni filosofiche sulla natura del lavoro, sul ruolo degli dei nelle vicende umane e sul contrasto tra vita rurale e urbana .
Uno dei temi ricorrenti nelle Georgiche è l'idea del lavoro come mezzo per raggiungere prosperità e realizzazione. Virgilio celebra il duro lavoro degli agricoltori, che sono in grado di superare le avversità e prosperare di fronte alle sfide. Sottolinea inoltre l'importanza di una corretta pianificazione e lungimiranza, come dimostrato dall'esempio delle api e dal loro istinto di conservare il cibo per il futuro.
Oltre ai consigli pratici sull'agricoltura e la zootecnia, le Georgiche contengono anche riflessioni sulla moralità e sulla condizione umana . Virgilio contrappone la semplicità e l'appagamento della vita rurale alla corruzione e agli eccessi della società urbana . Mette in guardia contro i pericoli dell'avidità, dell'orgoglio e dell'ambizione e incoraggia i suoi lettori a vivere una vita di semplicità, umiltà e duro lavoro.
Nel complesso, le Georgiche sono un'opera ricca e complessa che combina consigli pratici sull'agricoltura e la zootecnia con riflessioni filosofiche sulla natura del lavoro, la moralità e la condizione umana. È una testimonianza dell'abilità di Virgilio come poeta e della sua profonda comprensione del mondo naturale e dell'esperienza umana.
La sua produzione letteraria si conclude con l'Eneide, pubblicata dopo la morte di Virgilio per volontà di Augusto.
Al termine di un viaggio in Grecia, egli si dirige a Brindisi, dove si ammala e muore dopo qualche giorno, chiedendo ai due amici che lo assistevano di bruciare la sua ultima opera poichè insoddisfatto del risultato a causa dell’incompletezza e della mancanza di perfezione in quella produzione che sarebbe stata colei che lo avrebbe tenuto vivo nella memoria delle persone. Per questo motivo l’idea della morte di Virgilio non deve essere considerata un’idea oscura, ma al contrario luminosa, in quanto ricca di potenza e precisione. Malgrado la sua insoddisfazione personale però, L’Eneide di Virgilio è diventata l’icona della perfezione classica grazie all’equilibrio e all’armonia che, insieme alla compostezza e al suo essere l’apollineo, costituiscono le principali caratteristiche. Il suo dunque non è un poema ma è il poema, con il quale il mondo latino è riuscito a raggiungere lo stesso livello del mondo greco, nel quale opera Omero.
Inoltre, Virgilio è considerato il poeta classico per eccellenza anche per il Medioevo, l’Umanesimo, il Rinascimento, e per noi.
Egli è riuscito a dare alla sua opera un'ispirazione universale, che tuttora è possibile percepire, e che è ciò che ha portato Dante a scegliere questo poeta come propria guida nell’inferno e nel purgatorio.
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Giuseppe, Jacopo
VIRGILIO
Nel 70 a. C. Virgilio nasce ad Andes, nel 19 a.C. muore a Brindisi inaspettatamente di ritorno da un viaggio in Grecia. In punto di morte, Virgilio supplicava i suoi compagni di viaggio di bruciare la sua opera, l’Eneide, ma Ottaviano riuscì a persuaderlo proponendogli in cambio della pubblicazione della sua opera la liberazione di tutti i suoi schiavi. Questo è uno di quei paradossi che raramente si verificano nell’arte, lui che riteneva la sua opera incompiuta imperfetta, riesce ad equilibrare finalmente il confronto tra mondo greco e latino. In seguito, la sua opera e la sua figura diventano un modello, diventando l’emblema della perfezione classica dai medioevali, agli umanisti fino ai rinascimentali.
La prima opera di Virgilio sono i Bucolica carmina, composte di sicuro fra il 42 e il 39 a. C, scritti sul modello Teocrito quindi idillico che rielabora intensificando gli elementi di stilizzazione e idealizzazione del paesaggio e inserendo il tema del realismo attraverso gli eventi storici. Le Bucoliche si strutturano in dieci ecloghe, alcune di esse sembrano ripercorrere l’esperienza dell’autore con gli avvenimenti di recente avvenuti, quali l'espropriazione delle terre per darle ai veterani della vittoria dei Filippi. Il tema centrale nelle Bucoliche è riassumibile con la Fors che omnia versat, la sorte che ha in sua balìa tutto, questa concezione pessimistica cambia nella sua seconda opera. Virgilio entra nel Circolo di Mecenate dove scrive le Georgiche che completa nel 29 a.C.. Canti sulla vita dei campi, sono strutturati in quattro libri sul modello didascalico ellenistico ognuno dedicato ad un particolare aspetto della vita nei campi: coltivazione dei campi il I, arboricoltura il II, allevamento del bestiame il III, apicoltura il IV. I libri primo e terzo hanno un richiamo alle guerre civili e alla peste, mentre gli altri due sono più rassicuranti. Virgilio nel suo lavoro si distanzia dalla visione lucreziana rivalutando la pietas del contadino che si affida agli dei. La visione di Virgilio è che il lavoro serva all’uomo per stimolare attraverso la fatica l’ingegno umano, ed è stata questa la causa della fine dell’età dell’oro. Secondo Lucrezio è l’egestas a urgere ossia la necessità di mettersi alla prova per scoprire le proprie capacità e artes. Un esempio di questa capacità di lavoro efficiente ed organizzato sono le api, per questo dedica il IV libro delle Georgiche all'apicoltura. Alla fine del secondo libro avviene un confronto tra la vita cittadina, contrassegnata da avidità, lusso e violenza, e la vita di campagna condotta all’insegna del labor e della temperanza.
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Tommaso, Alberto
VIRGILIO
Virgilio nasce a Andes nel 70 a.C. e muore a Brindisi nel 19 a.C.
Il tema del Virgilio morente è stato inoltre evocato, nel tempo, con straordinaria e allucinata inventiva, dallo scrittore tedesco Hermann Broch, che nel 1945, chiuso in una cella delle prigioni naziste da cui pensava non sarebbe mai uscito, scrisse un romanzo dal titolo La morte di Virgilio.
Il primo testo che compone tra il 42 e il 39 a.C. sono le Bucoliche. Quest’opera fa frequenti riferimenti alle confische di territori a favore dei veterani della vittoria di Filippi del 42. Subito dopo la pubblicazione delle Bucoliche Virgilio entra nel circolo di Mecenate. Inizia quindi a scrivere le Georgiche, a cui lavora a lungo, completandole nel 29. Da quel momento il poeta si dedica alla scrittura dell’Eneide che venne poi pubblicata dopo la morte di Virgilio, per volontà di Augusto, che ordina a Vario Rufo di curarne l’edizione. Il modello a cui si ispira è Teocrito (poeta alessandrino, inventore del genere idillico) accentuando gli elementi di stilizzazione e idealizzazione del paesaggio e introducendo alcuni elementi realistici. Le Bucoliche sono suddivise in X ecloghe, la I e la IX riflettono il dramma delle espropriazioni, nella IV il poeta si solleva oltre la sfera pastorale per cantare un grande evento che è l’espressione di una poesia visionaria. L'idea dominante nelle Bucoliche si può riassumere nel concetto della Fors che omnia versat, la sorte che ha in sua balìa tutto. Una concezione pessimistica che l'orizzonte ideologico della Georgiche modifica. Il titolo Georgica (Canti sulla vita dei campi) rimanda alla tradizione della poesia didascalica ellenistica, il cui padre è Esiodo, poeta del VII secolo a. C. autore dell’opera Opere e i giorni, cui Virgilio si ispira esplicitamente.
Le Georgiche sono un poema didascalico in 4 libri, ognuno dedicato a un particolare aspetto della vita dei campi: coltivazione dei campi il I, arboricoltura il II, allevamento del bestiame il III, apicoltura il IV. Ogni libro è introdotto da un proemio e contiene digressioni conclusive di estensione regolare .
Lucrezio è oggetto sia di riprese sia di distanziamenti da parte di Virgilio.
Se da un lato le Georgiche hanno questi contenuti che si possono ritenere fortemente collegati con uno spirito dell’epoca, alla cui fondazione peraltro di sicuro anche Virgilio concorre, da un altro valicano i confini del transitorio.
A questo proposito, ovvero nell’ottica di una rivalutazione del lavoro, Virgilio espone la sua personale visione in merito alla fine dell’età dell’oro che colloca all’inizio della storia umana. Inserisce come motivo determinante della perdita della medesima l’intervento di Giove che decide di promuovere un passaggio evolutivo nell’uomo. Virgilio combina l’idea lucreziana di progresso connesso con la spinta dell’egestas con quella provvidenziale stoica. Così riesce a compendiare esaltazione del labor e rappresentazione realistica della vita contadina.
Alla fine del II libro delle Georgiche Virgilio introduce il tema del confronto fra la vita cittadina e la vita di campagna: la vita contadina, condotta all’insegna del labor e della temperanza, è contrapposta agli eccessi destabilizzanti della città, segnata da lusso, avidità, violenza. Il makarismòs dei contadini, la loro felicità, contrapposto alla città in cui dominano corruzione, superbia e arroganza dei potenti, eccesso di abiti, tessuti, suppellettili, profumi.
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