PLANCTON - INTRODUZIONE

N.B. Trovate qui riprodotto il testo scritto della lezione introduttiva che ho tenuto in classe oggi. Naturalmente non ho detto esattamente tutto quello che leggete qui. Il senso di queste trascrizioni, che occasionalmente vi proporrò, consiste anche in questo: offrirvi la possibilità di entrare nel laboratorio del pensiero. Non sempre è possibile dire tutto quello che si scrive, e viceversa naturalmente. 

Il titolo  Plancton, assegnato al blog e a questa lezione introduttiva, va spiegato. Non insegno scienze, e il plancton non rientra fra le mie competenze disciplinari. Eppure da lui voglio cominciare. Intanto per il significato del nome. In greco antico significa vagabondo, quello che se ne va di qua e di là, che non ha fissa dimora, che si muove costantemente e, per questo motivo, si può dire che sia da ogni parte.  Plancton è anche una parola musicale, ci si può immaginare di intonarla, o meglio, si può immaginare che sia il suono prodotto da un organismo marino, non udibile allo stesso modo da tutti, alle soglie degli ultrasuoni magari, come il richiamo delle balene o dei delfini. Allora, ho scelto di intitolare questo blog di classe plancton in primo luogo per il significato originario di questa parola e poi per il suo suono. Un contenuto e una forma ovvero, in un certo senso, un dentro e un fuori. Ma non basta. La spiegazione non si ferma qui.  Il plancton, mi soffermo ancora su quello che è in natura, rappresenta, nella sua forma di fitoplancton,  l'anello di base della catena alimentare marina, nonché un organismo dotato di straordinaria flessibilità e capacità di adattamento all'ambiente. Se non fosse per lui, dicono i biologi marini e non solo loro, noi non esisteremmo. Oppure, per dire una cosa che c'entra tanto con la nostra attualità, smetteremmo di esistere. 
Dovremmo tenercelo caro, il plancton, dovremmo essergli rioconoscenti. Lui  è il respiro del mare ed è la nostra salvezzza. 
Dunque il plancton vagabondo del mare è un agglomerato di metafore delle quali adesso mi servirò per dare inizio a questo anno scolastico e per indicare alcune vie che intendo percorrere. 
La prima metafora è connessa con il vagabondaggio. I vagabondi non godevano di buona fama nella maggior parte dei contesti civilizzati a noi noti: le società organizzate vedevano e vedono  con preoccupazione chi non si assoggetta alle loro regole, prima fra tutte quella di avere una dimora fissa. Il vagabondo è il primo sospettato in caso di azioni delittuose, ove si tratti di identificare un reo additabile alla folla.  In secoli nemmeno tanto lontani i vagabondi venivano internati a prescindere dal loro comportamento perché erano temuti  e la società organizzata sentiva il dovere di difendersi da loro. Viceversa il vagabondaggio è stato esaltato, come una specie di funzione dello spirito positiva, a partire dal periodo romantico. Nel 1800, molti artisti hanno esaltato il vagabondaggio, inteso come irrequieto   spingersi fuori dai confini stabiliti, come insofferenza verso le norme stabilite, il vivere come tutti gli altri, i bravi borghesi che gli artisti rappresentano come i loro opposti. 
Primo significato metaforico utile come indicazione di percorso scolastico: il plancton-vagabondo ci ispira nel senso di spingerci a un movimento continuo, a una continua ricerca, anima un desiderio che vi auguro non si estingua mai per tutto il corso della vostra vita.  Si tratta di vagabondaggio di là dallo spazio e dal tempo,  in un numero di direzioni che senza iperbole dico essere infinito. La prima via che vi indico, grazie al contributo metaforico di cui sto parlando, è una via che ha un inizio ma non finisce mai. La via delle domande vere, potremmo definirla, delle domande alle quali non si sa rispondere, ma sulle quali si indugia, ci si sofferma. Domande che non ci stancano ma ci sollecitano, ci spronano, ci divertono, nel senso che ci distraggono da noi, ci portano in una direzione differente, ci suggeriscono sguardi differenti. 
La seconda metafora si racchiude nel respiro del mare. In tanti nel corso del tempo, percorrendo le vie dell'immaginazione, dell'arte e del pensiero, o semplicemente sognando, hanno avuto l'intuizione di un'origine legata al mare e dell'invadente presenza di questo elemento, imprescindibile per la vita. Se il mare smette di respirare, se il plancton scompare, scompariamo anche noi, con tutte le nostre idee e immaginazioni e sogni.  
Due significati metaforici possono bastare. Indicano già due percorsi, anzi, due strade maestre che possiamo prometterci di seguire quest'anno, per cominciare. Movimento e respiro dell'esistenza. Al primo associamo tutte le nostre curiosità di studiosi, che non possono certo accontentarsi di imparare a memoria ma vogliono compiere il passo successivo dell'apprendimento, l'utilizzo critico, l'applicazione ai casi reali, la trasposizione, l'associazione, il riconoscimento di analogie, la percezione delle differenze. Al secondo la necessità di vivere felicemente, respirando e sentendo quello che si desidera e si vuole senza forzature ma seguendo un itinerario che è la natura stessa a suggerire, se sappiamo ascoltarla. 
Ora lascio da parte il plancton,  che eleggiamo nostra guida e creatura totemica, se volete, e passo  a raccontarvi di una persona per me molto importante. Rappresenta una specie di mio alter ego.  Parlerò di lui perché sono convinta che la sua memoria possa essere augurale  per questo anno avventuroso e intenso che spero di trascorrere. 
E' un insegnante di circa cinquant'anni. Insegna da quando si è laureato, quasi trent'anni fa, non per vocazione bensì per caso, e ha profuso tempo e passione per mantenersi all'altezza di questo delicato compito che la sorte ha deciso per lui. Rispetta gli studenti come suoi pari, coltiva nella sua interiorità un'anima anarchica, che non sopporta il potere, eppure è capace di  far rispettare quello che è fondamentale rispettare. Se stessi, gli altri e la libertà. Questo insegnante, che chiameremo Guido Coppi, persegue da tempo un progetto: quello di rendere i propri studenti autodidatti. Crede infatti che la vera libertà consista in questo: poter seguire i segnali del desiderio, i richiami del desiderio, che intanto bisogna imparare a sentire. Badate, non ascoltare, ma sentire,  riuscire a leggere nel proprio intimo. Guido Coppi inizia l'anno scolastico di solito così. Chiede ai nuovi studenti di chiudere gli occhi e di dimenticare l'ambiente circostante. Chiede di realizzare per qualche attimo l'incontro profondo con se stessi. Tutti si devono domandare: perché sono qui? Guido pensa che questa sia una domanda vera, una domanda domanda, la prima dalla quale vale la pena iniziare. Perché sono qui? Perché siamo qui? Ripetiamocelo e proviamo a rispondere, dice Guido Coppi ai suoi studenti. Poi spiega loro cosa significhi la parola autodidatta. L'autodidatta è uno che impara da solo. Sembra una contraddizione con la scuola, spiega  Guido. La scuola è il posto in cui il didatta è l'insegnante e gli allievi imparano da lui. Com'è possibile, quindi insegnare a scuola qualcosa che è in contrasto con il senso della scuola? Guido ha pensato molto e sa rispondere a questa domanda, difficile perché rileva una contraddizione. Si tratta di una contraddizione apparente, dato che invece anche gli antichi ci hanno tramandato proprio questo. Il vero maestro insegna a diventare maestri di se stessi. Nella Divina commedia, racconta Guido, a un certo punto Dante, che è l'autore e il personaggio principale di quest'opera, si fa incoronare maestro di se stesso proprio da colui che è stato fino a quel momento suo maestro, il poeta Virgilio, vissuto 1200 anni prima di lui e incontrato nell'aldilà che lui si è immaginato per scrivere questo poema straordinario. Ecco l'obiettivo del maestro, dice Guido ai suoi allievi, ecco il mio obiettivo: rendervi maestri di voi stessi, fare in modo che non abbiate più bisogno di me. Ma lei sta anticipando il finale, dicono gli studenti a Guido, quando lui arriva a questo punto del suo discorso. Guido se lo aspetta e replica sorridendo: questo non è un finale, ma l'inizio della storia vera, quella che vale la pena vivere come protagonisti, senza nutrire il dubbio di essere il prodotto di una finzione, di star rappresentando una parte su un palcoscenico mal illuminato dove un suggeritore matto dà sempre la battuta sbagliata. Vi insegnerò per quanto possibile a essere voi stessi, a diventare padroni della vostra vita, a non avere paura di desiderare e di realizzare i desideri. La scuola, aggiunge Guido, per quanto vi possano contraddire i sensi, non ha pareti né tetto, non conosce separazioni e confini, è un luogo dello spirito dove si può sentire la vertigine dell'infinito, del pensiero che si cimenta con memorie antichissime e prefigurazioni del futuro e dove la curiosità non smette mai di essere stimolata. 
E ora, conclude Guido, è il momento di condividere con voi alcuni sogni, che sono anche desideri.  Vorrei che tutti noi iniziassimo a praticare la profondità, quella che impone di essere integralmente presenti nel qui e ora; vorrei che noi adulti sapessimo insegnarvi ad ascoltare la voce del desiderio di apprendere, ad amare il complicato e esaltante processo al quale tutti partecipiamo: la vostra crescita, la scoperta dei meccanismi che collegano le cose tra loro e noi al mondo e tutti noi gli uni con gli altri. Vorrei che noi adulti fossimo i primi a  stornare l’attenzione dai risultati, dai voti, dalle certificazioni,  che non possono essere l’esclusivo motivo della vostra  applicazione, ma uno dei tanti e di sicuro non  il più importante. 
Vorrei che tutti noi ritrovassimo l’atavico istinto che potrebbe portarci a uscire dall’addomesticamento e a recuperare uno spirito che è esistito e alcuni hanno ancora in se stessi: un istinto rivoluzionario, nonché trasgressivo. Alludo alla trasgressione che è insita nella poesia, nella letteratura, quella che sposta lo sguardo, fa assumere continuamente nuove prospettive, riesce a creare nuove forme, porta fuori dai propri angusti confini, fa sperimentare la libertà, accende gli sguardi, riempie i cuori, non addormenta gli spiriti, rende le aule luoghi aperti al mondo, nel passato, nel presente e nel futuro.
Auguro a tutti noi di trascorrere un anno all'insegna della trasgressione vera. Quella che è frutto dell'esercizio del pensiero critico, della volontà di non concedersi tregua nella ricerca di confini da superare, di ostacoli da abbattere. Non in nome del successo o di una più o meno effimera notorietà, ma di una gioia di vivere e di essere che dovremmo imparare (tutti noi, insieme) a esprimere e diffondere in ogni luogo in cui ci troviamo. 

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