TRACCIA DEL 1°OTTOBRE E TEMA SVOLTO
TRACCIA (CON
GUIDA) DELL’ELABORATO D’ITALIANO (2 ORE)
Argomento
Identità
e identità di genere.
Lunghezza
Minimo
tre, massimo cinque colonne di foglio protocollo suddiviso a metà.
Struttura
·
Introduzione in cui si propone l’argomento da trattare,
delineandolo nei due termini di identità
e identità di genere, soffermandosi
brevemente su entrambi.
·
Primo sviluppo in cui si deve
sintetizzare il concetto basilare espresso nella citazione che riporto di
seguito, tratta da “La Repubblica”,
2016, Umberto Galimberti, Noi, condannati
alla solitudine: Abbiamo un vincolo genetico dove in modo
ineluttabile è scritta tutta la nostra vicenda biologica. Abbiamo un vincolo
morfologico per cui un brutto corpo non ha la stessa sorte di un bel corpo.
Abbiamo un vincolo culturale per cui l' esser nati in Occidente non ci consegna
allo stesso destino di chi è nato in terre più diseredate. Abbiamo un vincolo
familiare da cui dipende la nostra educazione, quando non la nostra cultura che
in gran parte decide il nostro futuro. Abbiamo un vincolo psichico per cui
traumi ed esperienze della prima infanzia incidono sulla nostra modalità di
fare esperienza. Abbiamo infine una nostra visione del mondo che, se da un lato
ci consente di orientarci, dall' altro ci limita. Io chiamo tutti questi
vincoli "nostra identità" che vedo in grande conflitto con la nostra
presunzione di "libertà".
·
Secondo sviluppo, in cui si
ragiona su quanto appena sintetizzato, approfondendo e introducendo uno o due
riferimenti a quanto letto nei vari
articoli selezionati.
·
Terzo sviluppo, in cui si inventa un esempio, plausibile, dal
quale risulti che l’identità/identità di
genere possa rappresentare un limite per l’espressione della libertà. L’esempio
deve essere seguito da un commento che sottolinei la sua efficacia dimostrativa
nel senso indicato.
· Quarto e ultimo sviluppo, in cui si esprime la propria opinione sulle seguenti affermazioni: "L'identità di genere non mi interessa. È una tassonomia, un sistema di classificazione, un insieme di convenzioni politiche che segnano il confine tra il normale e il patologico. La cosa importante per me è oppormi alla standardizzazione che identifica come patologia quello che non riconosce. Nella maggior parte dei paesi europei, se alla nascita sei stato riconosciuto di sesso femminile e vuoi prendere il testosterone, devi passare attraverso un protocollo medico, sottometterti a un test psicologico che ti riconosca una "disforia di genere" e accettare di diventare un uomo, possibilmente eterosessuale. Io ho cominciato a prendere testosterone senza attenermi al protocollo medico. Non mi sento un malato, ma un dissidente, da un sistema politico in cui femminilità e mascolinità sono le uniche alternative".(risposta di Paul Preciado alla domanda “Paul, come spiegherebbe a qualcuno non esperto di teorie di genere, il suo genere sessuale?” postagli durante un’intervista pubblicata su la Repubblica, nel novembre 2015)
NOTA
Paul B.
Preciado e Umberto Galimberti sono
filosofi contemporanei.
Svogimento (632 parole)
Il termine identità deriva dal latino, dal pronome idem, e fa riferimento a un confronto
fra sé e sé, esprimendo una sorta di confinamento dell’individuo che,
attraverso l’identità, si circoscrive e diventa riconoscibile come tale a sé e
agli altri. Quanto all’identità di genere, essa riguarda anche in questo caso
un riconoscimento, relativo alla sfera del genere, in connessione con attributi
sessuali, anche se non solo con questi. In effetti, un nodo centrale su cui si
discute oggi è proprio questo: fino a che punto, o addirittura se, l’identità
di genere sia collegabile con gli attributi sessuali.
A questo
proposito, il filosofo Umberto Galimberti, in un articolo pubblicato sul
quotidiano “la Repubblica” nel 2016, elenca quelli che definisce come vincoli che ci costringono a una sorta
di necessaria identificazione di noi stessi: dal punto di vista biologico,
morfologico, culturale, familiare, psichico e, da ultimo, il vincolo della
nostra soggettività, che il filosofo indica col termine “visione del mondo”. La
nostra identità, conclude, è data da una somma di vincoli, che per definizione
mettono in crisi l’idea, la possibilità, di essere davvero liberi.
Galimberti
certamente mette in evidenza un problema: quello della libertà, più o meno
superficialmente invocata come un valore ineludibile, e del suo rapporto con la
condizione prevalente per tutti gli esseri umani, cioè l’esistenza condotta in
società. A ben vedere, infatti, come spesso sottolinea ad esempio Paul Preciado
nei suoi interventi, alcuni di quei vincoli di cui tratta Galimberti altro
non sono che imposizioni nate dal fatto che si viva in società e si sia soggetti a un potere. Escludendo i biologici e
morfologici, tutti gli altri, compreso il vincolo della soggettività o visione
del mondo, sono un derivato del nostro vivere con, o in dipendenza da, altri.
Nella vita
quotidiana sono ravvisabili esempi di quanto un’identità coltivata da se stessi e riconosciuta da altri possa
rappresentare un ostacolo alla libertà. Vivendo, si manifestano infatti
caratteristiche che diventano identitarie, come possono essere predilezioni in
ambito estetico, che si possono trasformare in altrettante trappole dalle quali
è difficile liberarsi. La costruzione di un’identità, come suggerisce
l’espressione stessa, con il ricorso al termine costruzione, implica un processo e il raggiungimento di un
risultato che ha una certa stabilità. Ma proprio questa stabilità confligge con
la libertà e può accadere che una persona senta di essere diventata differente
da come viene percepita dagli altri e provi insofferenza verso questa
rappresentazione difficile da modificare. Per mettere insieme i due argomenti,
identità e identità di genere, si può pensare a che cosa va incontro una
ragazza che sia portata e a cui piaccia giocare a calcio. L’identità con la
quale si presenta agli altri, per via di questa predilezione, è un’identità
socialmente percepita come “maschile”. Le attese nei riguardi di una ragazza
giocatrice di calcio sono i vincoli che le possono impedire di vivere
liberamente questa esperienza. Analogamente per un ragazzo che sia portato e a
cui piaccia la danza. La carrellata di vincoli proposta da Galimberti, a una
prova dei fatti, si arricchisce di ramificazioni. Da un vincolo ne scaturiscono
altri, e la via dell’imprigionamento sembra non arrestarsi mai.
Per questo
motivo suona invece liberatoria l’esclamazione di Preciado nel passo riportato.
Il filosofo che, usando un linguaggio di genere, è diventato da donna uomo, considera l’identità di genere un
prodotto della volontà di classificare e controllare propria del sistema
politico. Esso riesce così a determinare con chiarezza dei confini, che però
sono arbitrari, fra normale e patologico. Preciado rivendica invece a
questo proposito una libertà basilare: tocca a ciascuno sentire (non
esattamente stabilire) chi sia, anche, ma certo non solo, per quanto riguarda
categorie come mascolinità e femminilità. Mi trovo in perfetta consonanza con questo
modo di accostarsi alla questione: non penso che si tratti di una forma di
arroganza e nemmeno di una sfida all’ordine della natura. Sono invece convinto
che iniziare a ragionare in questi termini, di assunzione di responsabilità
individuale, nel rispetto degli altri, di quello che si è e si fa, possa essere
un primo passo in direzione della valorizzazione della tanto decantata, ma
altrettanto trascurata, libertà degli esseri umani.
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