FEDRO PER IL 20 GENNAIO - suggerimenti di lavoro in sei tappe e FABULA III con DUE TRADUZIONI

 Ranae regem petunt

Athenae cum florerent aequis legibus,
procax libertas civitatem miscuit,
frenumque solvit pristinum licentia.
Hic conspiratis factionum partibus
arcem tyrannus occupat Pisistratus.
Cum tristem servitutem flerent  Attici,
(non quia crudelis ille, sed quoniam grave
omne insuetis onus), et coepissent queri, 
Aesopus talem tum fabellam rettulit.
'Ranae, vagantes liberis paludibus,
clamore magno regem petiere a Iove,
qui dissolutos mores vi compesceret.
Pater deorum risit atque illis dedit
parvum tigillum, missum quod subito vadi
motu sonoque terruit pavidum genus.
Hoc mersum limo cum iaceret diutius,
forte una tacite profert e stagno caput,
et explorato rege cunctas evocat.
Illae timore posito certatim adnatant,
lignumque supra turba petulans insilit.
Quod cum inquinassent omni contumelia,
alium rogantes regem misere ad Iovem,
inutilis quoniam esset qui fuerat datus.
Tum misit illis hydrum, qui dente aspero
corripere  coepit singulas. Frustra necem
fugitant inertes; vocem praecludit metus.
Furtim igitur dant Mercurio mandata ad Iovem,
adflictis ut succurrat. Tunc contra deus
"Quia noluistis vestrum ferre" inquit "bonum,
malum perferte". Vos quoque, o cives, ait,
hoc sustinete, maius ne veniat, malum.

SUGGERIMENTI DI LAVORO
1) Leggere due volte il testo in latino.
2) Leggere una volta la traduzione che trovate di seguito nel post. 
3) Procedere con l'analisi del testo latino (prevalentemente sintattica, qualche rilievo morfologico, paradigmi dei verbi in grassetto e analisi dei medesimi). 
4) Interlineare/riordino.
5) Leggere di nuovo la traduzione fornita, confrontandola con il proprio riordino.
6) Fornire la propria traduzione finale. 
TRADUZIONE DI ENZO MANDRUZZATO (ed. BUR, 1987)
Sopportare il bene
Quando fiorì in Atene la giustizia, 
la libertà si fece petulante,
la gente parve smarrirsi, l'arbitrio 
infranse antichi freni. Le fazioni
s'accordarono, Pisistrato occupò
l'Acropoli. Iniziò la dittatura.
Ma gli ateniesi erano dolenti
di questa tetra schiavitù. Non era
crudele, no, ma ogni peso è grave
quando non ci si è fatta l'abitudine. 
Alle prime proteste, Esopo espose 
un raccontino circa come questo. 

"Le rane vagabonde nella grande
libertà degli stagni, domandarono
 a Giove un re che le tenesse a freno,
castigasse i costumi dissoluti. 
Il Padre degli Dei rise e lanciò 
un bastoncino. Cadde inaspettato
nello stagno, e il rumore, il turbamento, 
atterrì le ranocchie paurose. 
A lungo giacque immobile nel limo.
Poi una affiora, zitta, esplora il re,
chiama le altre, ogni paura è vana, 
nuotano tutte a gara, vi si issano,
turba sfidante sopra il re di legno
che ricoprono d'ogni contumelia.
Poi ne vogliono un altro e lo domandano
a Giove perché il primo non serviva.
Ma Giove gli mandò un serpente d'acqua
che prese a divorarle ad una ad una
tra i due denti, che neanche la fuga 
bastava alle indifese. Lo spavento 
pure la voce tolse, e sotto sotto
mandarono Mercurio a supplicare 
il soccorso di Giove. Il Dio del tuono
disse: 'Non sopportaste il vostro bene,
patite ora intero il vostro male'.
Anche voi, cittadini, tollerate" 
concluse Esopo "il male del momento,
che non ne venga un altro più pesante."

TRADUZIONE C.B.
Nel tempo in cui ad Atene prosperavano buone leggi, la libertà produsse degli eccessi, confondendo la popolazione, e l'arbitrio sostituì l'antica moderazione. Dopo un accordo fra fazioni, conquistò il potere, in veste di tiranno,  Pisistrato. Dato che gli abitanti dell'Attica deploravano lo stato di asservimento, non perché egli fosse crudele, ma perché a chi non sia abituato ogni carico pare grave, e iniziavano a lamentarsi, ecco cosa concepì allora Esopo. 
Le rane, libere e vagabonde negli stagni, a gran voce reclamarono da Giove un re, che tenesse a freno i loro costumi dissoluti. Il padre degli dei rise e gettò loro un bastoncino, che appena piombato inatteso in acqua terrorizzò quelle pavide creature con il tonfo rumoroso. Restando piuttosto a lungo  immerso nel fango, in totale immobilità, a un certo punto una rana zitta zitta tira su il capo dal fango e, esplorato il re, le chiama tutte a raccolta. Loro, messa da parte la paura, vanno a gara per raggiungerlo, ci saltano sopra, petulanti. Dopo averlo ricoperto d'ingiurie, mandarono a chiedere a Giove un altro re, dato che quello assegnato era risultato inutile. Allora egli mandò loro un'idra, che iniziò a divorarle con le sue fauci una a una, mentre esse, impotenti, tentano invano di sfuggirle. Lo spavento toglie loro la voce. Così, di nascosto incaricano Mercurio di chiedere soccorso per loro così travagliate a Giove. Ma di rimando il dio del tuono dice: "Dal momento che non avete  voluto sopportare il vostro bene, ora tenetevi il male". Anche voi, concittadini, sopportate questo momento, perché non ne arrivi uno peggiore.



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