LAVORO DI GRUPPO IN CLASSE 10 FEBBRAIO: LUPUS ET GRUIS e RE TRAVICELLO DI GIUSTI

 VIII. Lupus et gruis

Qui pretium meriti ab improbis desiderat,
bis peccat: primum quoniam indignos adiuvat,
impune abire deinde quia iam non potest.
Os devoratum fauce cum haereret lupi,
magno dolore victus coepit singulos
inlicere pretio ut illud extraherent malum.
Tandem persuasa est iureiurando gruis,
gulae quae credens colli longitudinem
periculosam fecit medicinam lupo.
Pro quo cum pactum flagitaret praemium,
'Ingrata es' inquit 'ore quae nostro caput
incolume abstuleris et mercedem postules'.

Ripropongo il modello del compito assegnato oggi. 
1) In questo periodo piuttosto articolato, la proposizione narrativa precede la principale, composta da un soggetto sottinteso con cui è concordato un participio perfetto e un predicato verbale di modo finito; la principale regge un'infinitiva e a questa si collega una finale all'imperfetto congiuntivo, in coerenza col tempo storico della reggente. OS...MALUM

2) Questa preposizione è usata per tradurre il complemento di vantaggio, ma in questo caso ha un altro significato, coerente con quello che sta succedendo nella favola. PRO, IN CAMBIO DI

4) Il termine non è un sostantivo ma un participio, che va tradotto con una relativa, in concordanza col sostantivo a esso collegato.  PACTUM

5) Sorprendono questi due congiuntivi, l'uno perfetto e l'altro presente, ma si possono spiegare riconoscendo che fanno parte di una relativa impropria con valore causale. In italiano si possono anche rendere entrambi, variando il tempo, all'indicativo. Uno dei due verbi è un composto di fero. ABSTULERIS e POSTULES
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A PROPOSITO DI RANAE REGEM PETUNT
Pubblico qui di seguito un componimento ti Giuseppe Giusti, che risale al 1840. Il poeta, vissuto nell'epoca risorgimentale, desiderava che l'Italia si liberasse dal controllo degli stranieri. Questa celebre poesia si ispira alla favola di Fedro, che ha come protagonisti Esopo e il suo racconto "educativo" destinato agli Ateniesi che si comportano come rane...
Il componimento, quasi una filastrocca, di Giusti, s'intitola Il re travicello
Al Re Travicello
   Piovuto ai ranocchi,
   Mi levo il cappello
   E piego i ginocchi;
   Lo predico anch’io
   Cascato da Dio:
   Oh comodo, oh bello
   Un Re Travicello!
 
Calò nel suo regno
   Con molto fracasso;
   Le teste di legno
   Fan sempre del chiasso:
   Ma subito tacque,
   E al sommo dell’acque
   Rimase un corbello
   Il Re Travicello.
 
Da tutto il pantano
   Veduto quel coso,
   «È questo il Sovrano
   Così rumoroso?
   (s’udì gracidare).
   Per farsi fischiare
   Fa tanto bordello
   Un Re Travicello?
 
Un tronco piallato
   Avrà la corona?
   O Giove ha sbagliato,
   Oppur ci minchiona:
   Sia dato lo sfratto
   Al Re mentecatto,
   Si mandi in appello
   il Re Travicello.»
 
Tacete, tacete;
   Lasciate il reame,
   O bestie che siete,
   A un Re di legname.
   Non tira a pelare,
   Vi lascia cantare,
   Non apre macello
   Un Re Travicello.
 
Là là per la reggia
   Dal vento portato,
   Tentenna, galleggia,
   E mai dello Stato
   Non pesca nel fondo:
   Che scienza di mondo!
   Che Re di cervello
   È un Re Travicello!
 
Se a caso s’adopra
   D’intingere il capo,
   Vedete? di sopra
   Lo porta daccapo
   La sua leggerezza.
   Chiamatelo Altezza,
   Chè torna a capello
   A un Re Travicello.
 
Volete il serpente
   Che il sonno vi scuota?
   Dormite contente
   Costì nella mota,
   O bestie impotenti:
   Per chi non ha denti,
   È fatto a pennello
   Un Re Travicello!
 
Un popolo pieno
   Di tante fortune,
   Può farne di meno
   Del senso comune.
   Che popolo ammodo,
   Che Principe sodo,
   Che santo modello
   Un Re Travicello!

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