NOTA SUL CORBACCIO DI BOCCACCIO

L'ultima opera creativa dello scrittore è il Corbaccio, la cui datazione oscilla tra il 1355 e il 1366-'67: ed è un'opera enigmatica, che sembra ribaltare decisamente l'orientamento ideologico sotteso al Decameron. Persino il titolo non risulta di facile decifrazione: la parola “corbaccio” può derivare da “corvo”, uccello malaugurante, oppure dal latino corba, parola oscena sinonimo di “nicchio” o ancora dallo spagnolo corbacho, “frusta”. Nelle due ultime ipotesi si tratterebbe di un riferimento al tema trattato, che riguarda da un lato l'amore senile dell'autore per una vedova (per il latino “corba”) e dall'altro l'aspra invettiva o “frustata” contro tutte le donne (dallo spagnolo “corbacho”): non è da escludere, infine, il gioco di parole tra Corbaccio e Boccaccio. Secondo lo studioso Roberto Mercuri, la parola “corbus” (“corvo”) si lega all'attività del predicatore e il gioco verbale indicherebbe “la frattura nella sua esperienza tra il novellatore-narratore e il predicatore: di conseguenza il Corbaccio sarebbe Boccaccio stesso; l'amore da materia piacevole di ragionamento, è divenuto materia di riflessione e si realizza come moralità”. 

In effetti il Corbaccio spezza una linea di esperienza e rovescia la logica narrativa del passato con una requisitoria contro le donne viene spinta ai limiti dell'irriverenza. E il tema dell'amore, soprattutto se vissuto in età matura, viene calato ora entro la rigida ottica di moralista, con la sua convinzione borghese che non convenga perdere il proprio tempo a rincorrere donne ritrose. Secondo l'intenzione dell'autore l'opera vuole essere un “umile trattato” con uno scopo dichiaratamente didascalico etico-religioso. Non è un'opera di “diletto”, ma viene scritta esclusivamente per l'“utilità” di tutti i suoi giovani lettori (e non per le lettrici). La conseguenza è il rovesciamento parodico di tutti i grandi motivi della letteratura cortese a fronte dell'esaltazione del mondo classico. A ben guardare, dunque, il Corbaccio invaliderebbe non solo la poetica del Decameron (per cui narrare è unire l'utile al dilettevole), ma annullerebbe anche tutte le precedenti dichiarazioni sulle donne e sull'amore, sulla libertà e sulla sessualità gioiosa, facendo compiere allo scrittore una rapida, quanto tardiva, retromarcia. Resta però il fatto che Boccaccio continua anche a lavorare al suo Decameron, come attesta il preziosissimo Hamilton 90, l'autografo conservato alla Staatsbibliothek di Berlino.

Secondo una interpretazione recente dell'opera, il Corbaccio non sarebbe solo un'opera di pentimento o di contrizione, composta da un anziano Boccaccio, chiuso nei suoi studi e nella meditazione religiosa (era infatti divenuto chierico nel 1360), ma piuttosto un'opera sperimentale, che si iscrive in una lunga tradizione misogina moraleggiante che dai classici latini (per esempio, Giovenale) giunge a San Girolamo: ed è l'ultima opera di uno sperimentalismo più che mai attivo e costante. In definitiva Boccaccio riprende il genere della satira misogina, che aveva già affrontato più volte - in particolare in una novella del Decameron, in cui uno studente si vendica crudelmente di una vedova (VIII, 7) - nel tentativo di rilanciare le tecniche della scrittura burlesca e basso-realistica, di nuovo nel solco dell'espressivismo linguistico dell'Inferno dantesco.

Non bisogna qui dimenticare che in questi ultimi anni Boccaccio approfondisce ed estende lo studio e l'interpretazione delle opere dantesche, in particolare della Divina Commedia (con il Trattatello e con le Esposizioni). Una dedizione che ritorna nel Corbaccio nella scelta di un lessico colorito e icastico e che, in questo caso, si incarica di mettere a nudo l'aspetto ripugnante che, a volte, può nascondersi dietro ad un volto femminile: è, di fatto, un capovolgimento parodico e beffardo della teoria amorosa precedente (e della donna-angelo) che trionfa nella descrizione orrenda della vedova. Come ha suggerito Edoardo Sanguineti il Corbaccio è un “bricolage post-dantesco”, dove è dantesco “prima di tutto, il regime topico che governa la costruzione dell' “operetta” e in cui convivono, alla pari, le suggestioni della Vita Nuova e della Commedia, assunte come dizionari ed enciclopedie, ad un tempo, per l'immaginario e l'espressione”. 

A smentire l'immagine univoca di un rigore senile, ormai lontano dalla stagione della libertà narrativa, resta il Boccaccio della commedia umana, l'erudito grave e raccolto, chino sul manoscritto del Decameron, per ritoccarlo e illustrarlo come sulla creatura più cara e più viva della sua officina letteraria. Nell'autunno acceso del Medioevo il vecchio scrittore può ancora sorridere in compagnia dei suoi fantasmi e delle sue immaginazioni. [nota tratta da Letteratura italiana, Raimondi e altri]

 

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