UNA REALIZZAZIONE DEL COMPITO DEL 7 DICEMBRE
SEZIONE TRADUZIONE E ANALISI GUIDATA (con opzione). Le risposte devono essere formulate discorsivamente.
Ovidio
Postquam, Saturno tenebrosa in Tartara misso,
sub Iove mundus erat, subiit argentea proles,
auro deterior, fulvo pretiosior aere.
Iuppiter antiqui contraxit tempora veris
perque hiemes
aestusque et inaequalis autumnos
et breve ver spatiis exegit quattuor annum.
Dopo che il mondo passò sotto il dominio di Giove, in
seguito alla reclusione di Saturno nel Tartaro tenebroso, sorse la generazione
d’argento, peggiore dell’oro ma migliore del biondo bronzo. Giove accorciò la
durata dell’antica primavera e divise l’anno in quattro parti diverse: inverno,
estate, autunno e primavera.
1)
Nella traduzione si
legge in seguito alla reclusione di
Saturno nel Tartaro tenebroso. Individua
tutti i termini latini che possano
essere stati tradotti così, denomina il costrutto sintattico latino tradotto in seguito alla reclusione di Saturno¸ e
analizzane morfologicamente le parti che lo compongono, indicando tutto quello
che occorre anche per stabilire la temporalità. Infine, fornisci una resa
alternativa, non necessariamente letterale, dell’espressione individuata.
Postquam Saaturno
tenebrosa in Tartara misso: si tratta di un ablativo
assoluto composto da misso,
participio perfetto (quindi passato) passivo maschile singolare, concordato col
sostantivo Saturno in ablativo. Si può anche tradurre: una volta che Saturno fu
relegato nell’oscuro Tartaro.
2)
Deterior auro e fulvo pretiosior aere come sono tradotti
in italiano? Che cosa si è permesso di aggiungere, il traduttore, che manca nel
verso ovidiano? Autorizzato da cosa? Era possibile fare a meno di questa
aggiunta e, eventualmente, perché? Cosa sono morfologicamente deterior e pretiosior?
Sono tradotti peggiore dell’oro ma migliore del biondo
bronzo. Il traduttore ha aggiunto ma,
autorizzato dall’evidente contrapposizione. Si poteva comunque anche
sottintendere, dato che con l’intonazione si può ottenere lo stesso risultato
avversativo. Morfologicamente deterior e pretiosior sono comparativi di
maggioranza.
3)
Gli ultimi tre versi
riportati fanno riferimento a un cambiamento fondamentale apportato da Giove.
Di che cosa si tratta? A che cosa fa riferimento l’espressione antiqui veris e come viene tradotta?
Giove pone fine all’eterna primavera (antiqui veris) e
istituisce i cicli stagionali.
4)
Anche questa selezione
di versi si può ricondurre al filo conduttore metamorfico: esplicita il nesso.
Anche le stagioni rappresentano momenti metamorfici,
senza contare che il passaggio delle età è descritto come una sorta di
trasmutazione di metalli.
Sallustio
[5] huc adcedebat, quod L. Sulla
exercitum, quem in Asia ductaverat, quo sibi fidum faceret, contra morem
maiorum luxuriose nimisque liberaliter habuerat. Loca amoena, voluptaria facile
in otio ferocis militum animos molliverant: [6] ibi primum
insuevit exercitus populi Romani amare potare, signa tabulas pictas vasa
caelata mirari, ea privatim et publice rapere, delubra spoliare, sacra
profanaque omnia polluere. [7]
[5] A ciò si
aggiungeva il fatto che Lucio Silla aveva lasciato vivere nel lusso e trattato
con eccessiva liberalità, contrariamente al costume degli avi nostri,
l’esercito che aveva condotto con sé in Asia per renderselo leale. L’amenità e
la molle piacevolezza dei luoghi avevano rapidamente fiaccato nell’ozio lo
spirito fiero di quei soldati. [6] Laggiù per
la prima volta un esercito del popolo romano sperimentò piaceri che non
conosceva, ad amoreggiare, a bere smodatamente, ad apprezzare opere d’arte,
statue, quadri e vasellame cesellato, e incominciò a rubarli dalle case private
e dai luoghi pubblici, a spogliare i templi, a profanare ciò che apparteneva
agli dèi e agli uomini.
1)
Nella traduzione si legge che “Lucio Silla aveva lasciato vivere nel lusso e
trattato con eccessiva liberalità, [...]l’esercito che aveva condotto con sé in
Asia per renderselo leale”: riporta i termini latini che corrispondono a questa
traduzione, tralasciando ciò che ho saltato, indicando con la parentesi quadra
e i tre puntini il taglio. Soffermati sul costrutto latino che corrisponde alla
traduzione “per renderselo leale” e analizzalo morfologicamente e
sintetticamente in tutte le sue componenti. Proponi infine una traduzione
alternativa, non necessariamente letterale.
Sulla exercitum, quem in Asia ductaverat, quo
sibi fidum faceret, [...] luxuriose nimisque liberaliter habuerat.
In quo sibi fidum faceret si nota un
complemento di vantaggio in dativo, espresso col riflessivo sibi, a sé, un quo che esprime una relativa finale (ut eo: col quale ottenesse
lealtà), mentre fidum è un predicativo dell’oggetto. Come traduzione
alternativa propongo Silla aveva lasciato
molto spazio al lusso e alla libertà di comportamento dell’esercito che aveva
portato in Asia, per assicurarsene la lealtà.
Il
soggetto di molliverant è sia Loca
amoena, sia voluptaria,
il verbo è al piuccheperfetto indicativo attivo, terza persona plurale, e la
parola utilizzata in un significato molto diverso dal solito è otium, che non contrassegna quella
condizione di vita alternativa al negotium,
e analogamente onorevole per il civis, ma piuttosto l’ozio nell’accezione a noi più nota, come assenza di impegni e
doveri che può, in una prospettiva moralistica come quella adottata da Sallustio,
produrre gravi danni al contesto sociale, oltre che ai singoli.
3) Il
predicato verbale insuevit regge
alcuni predicati verbali. Individuali e indica in che modo il traduttore renda
il verbo insuevit prendendosi una
certa libertà.
I
predicati verbali sono potare, mirari, rapere, spoliare, polluere. Il
traduttore rende per due volte insuevit:
come sperimentò e incominciò.
5) In questo passo iniziale del De Catilinae coniuratione Sallustio ricorre all’impostazione
moralistica: utilizza parole del testo per dimostrarlo.
La testimonianza più eloquente dell’impostazione moralistica
è rappresentata dal campionamento di atti contrari al mos attraverso quella
sequenza di verbi all’infinito retti da insuevit;
a questo si aggiunge l’uso segnalato del termine otium in una connotazione negativa.
SEZIONE B (tutto
obbligatorio)
Ovidio
1)
Descrivi
l’impianto complessivo delle Metamorfosi,
riassumi il contenuto del primo libro e soffermati sulla visione cosmogonica,
specificando la filosofia che ne sta alla base. Procedi quindi, se non hai già
analizzato i versi della sezione precedente, con un riferimento alle età della
storia umana, per approdare infine al mito di Apollo e Dafne, che devi
introdurre, raccontare per sommi capi, per fornirne infine delle
interpretazioni.
Le
Metamorfosi sono un poema didascalico in 15 libri, che sceglie il principio metamorfico come
filo conduttore tematico e come principio stilistico. Dal primo esametro all’ultimo,
con il celebre vivam attraverso il
quale il poeta si rende protagonista di una determinante metamorfosi (quella di
sé in parola poetica destinata a sopravvivere di là dalla morte) si dipanano
metamorfosi a carattere cosmogonico,
mitico, eziologico, non prive di riflessi autobiografici e persino di echi
politici nella contemporaneità del poeta. Il primo libro contiene per
cominciare una cosmogonia d’ispirazione democritea e epicurea: da un caos
primordiale (eco mitica) si passa a progressive distinzioni della materia,
fino a che un demiurgo non meglio precisato non inizia a plasmare l’esistente.
Alla legge della metamorfosi non si sottrae nulla: non gli elementi e nemmeno le
risultanti delle loro multiple aggregazioni e disgregazioni. Nemmeno gli esseri
umani, una volta originati, sfuggono a questa legge nella loro storia collettiva, dato che le
ere, dai nomi ricavati da metalli, si susseguono in una progressiva
degenerazione, dall’oro al ferro, sostanza vile rispetto alla prima. L’età dell’oro
è inoltre caratterizzata dall’assenza di necessità di lavorare, che invece
diventa la punizione degli esseri umani che si sono anche meritati, a un certo
punto, il diluvio. Il mito di Apollo e Dafne è la prima vera e propria
metamorfosi, che coinvolge una ninfa che desidererebbe dedicare la vita alla verginità, libera nei boschi come Diana, ma diviene oggetto di attenzioni da parte del
fratello di lei, Apollo, colpito da una freccia di Cupido che desidera
vendicarsi di lui per un evento antecedente, e ferisce con la freccia del disamore la già refrattaria
Dafne. I versi ovidiani ricostruiscono un inseguimento forsennato, da parte
della divinità che, oltre a inseguire la sua preda,
la subissa di vanagloriose dichiarazioni sull’onore che potrebbe derivarle dal
fatto di unirsi a lui. Dafne resiste, mentre il focoso inseguitore è sempre più
intenzionato a possederla, finché ella non ottiene una forma, sia pur ambigua, di
salvezza dalle forze della natura, in particolare dal padre Peneo, divinità fluviale: viene
trasformata in pianta. A questo punto s’innesta il motivo eziologico,
attraverso il quale viene spiegata l’origine dell’usanza di collegare l’alloro
al riconoscimento della gloria poetica, militare, ginnica. Apollo infatti
decide di rendere sua per sempre la
bella Dafne, facendole l'onore di essere la pianta a lui sacra. Si celebra così, volendo dare all’episodio
una lettura in chiave autobiografica, la vittoria del potere assoluto su chi è
un suo sottoposto: come accade a Ovidio a un certo punto della vita, il potere
di Ottaviano Augusto decreta per lui una svolta esistenziale irreversibile quanto lo sono le metamorfosi, la
relegazione senza ritorno a Tomi sul mar Nero.
Sallustio
2)
Introduci
la storiografia sallustiana delineandone le caratteristiche salienti. Nel caso
in cui abbia analizzato il testo tratto dal De
Catilinae coniuratione non soffermarti più sul moralismo, pur citandolo,
per dedicarti invece a quanto sia
influenzato dalla storiografia greca e da quella romana. Cita anche tutte le
sue opere, descrivendone sommariamente forma e contenuti, per poi approdare in
conclusione alla monografia dedicata a Catilina, di cui devi dare un’idea per
quanto riguarda i contenuti specifici dell’introduzione fino al ritratto di
Catilina.
Sallustio
vive in un’epoca turbolenta per la res publica, quella seconda metà del I
secolo a. C. che ospita le guerre civili e il loro culmine: la liquidazione
della res publica e la sua definitiva trasformazione in impero, con Ottaviano
Augusto a riunire in sé le principali prerogative del potere, comprese quelle
custodite dalle origini della res publica dal senato. Sallustio assiste agli
eventi e ne è partecipe: riveste incarichi e magistrature da homo novus, ottiene spesso l’appoggio di
Cesare per riuscire ad affrontare vicissitudini di varia natura, alcune anche
piuttosto torbide. Nella sua carriera viene infatti accusato di malversazioni,
di essersi arricchito a spese di provinciali che avrebbe dovuto governare
secondo giustizia. Fondate o meno che siano queste accuse, la sua ricostruzione
delle vicende è fortemente improntata da moralismo: Sallustio, come romano,
pensa che nel passato della civiltà di cui fa parte risiedano virtù condensate
nel mos maiorum e mantenutesi
intatte o quasi almeno fino al II secolo
a. C. L’evento catastrofico, in quel secolo, sarebbe stato paradossalmente una
vittoria: quella ottenuta contro il nemico cartaginese, a seguito della quale
si sarebbe estinto il metus hostilis,
in grado di mantenere coesi i cives, respingendo l’assalto di vizi che
iniziano a invadere le case di Roma: luxuria, avaritia e ambitio. Con
le sue opere storiche (De Catilinae
coniuratione, De bello Iugurthino e Historiae)
da una parte compie una scelta monografica (le prime due) conforme alla tradizione
storiografica greca, dall’altra si riallinea con l’annalistica romana (Historiae). Nell’affrontare gli
argomenti, come si può notare nel De
Catilianae coniuratione¸ moralismo e metodo storico si fondono per
convergere in una rappresentazione della decadenza inesorabile di una classe
dirigente e di un sistema politico. Dal ritratto di Catilina, con cui si apre
la ricostruzione di quella convulsa vicenda storica, si evince proprio questo:
l’uomo appare illuminato da una luce oscura, che per quanto non escluda da
parte sua una sorta di grandezza, non manca di suggerire quanto egli sia il
prodotto di una decadenza appunto irreversibile dei valori fondanti dello stato
romano, ai quali è davvero complicato
trovare, anche fra i difensori dell’ordine e dello status quo, qualcuno che sia
totalmente fedele.
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