RIFLESSIONI DOPO LA VISIONE DEL DOCUMENTARIO DI AGNES VARDA
INVIATE VENERDI'
Agnès Varda, attraverso il suo documentario, riprende e filma un mondo di miseria, di persone che vivono degli scarti e dei rifiuti altrui. Le persone riprese nel documentario possono sembrare una realtà distante dalla nostra, eppure vivono vicino a noi; anche nella nostra città è sufficiente andare al mercato di Porta Palazzo o nei mercati rionali in genere, durante il pomeriggio, e si possono vedere molte persone che riempiono le buste di frutta o di verdura che sono state scartate dai venditori. Varda riprende diverse realtà e da diversi punti di vista: vengono intervistate sia le persone che raccolgono e usufruiscono dei prodotti scartati, ma anche i produttori stessi. Alla regista piace poi anche evidenziare il suo personale percorso e dettagli della sua vecchiaia: le mani rugose e i capelli bianchi. La cruda realtà della vita è protagonista in questo documentario. (Eleonora)
La visione di questo film mi ha fatto riflettere molto.Vengono intervistate diverse persone e molte di loro non vivono in buone condizioni. Infatti, non avendo un lavoro o guadagnando troppo poco per potersi procurare un’abitazione e gli alimenti necessari per sopravvivere, sono costretti a trascorrere una vita molto diversa da quella alla quale siamo abituati. Per mangiare, ogni giorno si ritrovano a cercare del cibo tra i rifiuti o tra gli avanzi del mercato. Tutto ciò mi ha portato a pensare che sprechiamo troppo e che non tutti hanno la possibilità di avere ciò che abbiamo noi. Nel film, viene riportato anche un altro esempio di spreco, infatti molte patate vengono scartate per la loro dimensione o semplicemente per il loro aspetto, anche se in realtà si potrebbero mangiare comunque. Quindi, arrivo a pensare che all’interno della società, anche se può non sembrare, ci sono molte persone povere, le quali non sono solo extracomunitarie, come la maggior parte della popolazione pensa, ma sono soprattutto nostri connazionali. (Federico M.)
Questo documentario denuncia alcuni aspetti della società moderna, e allo stesso tempo tenta di normalizzarne altri. Descrive una politica del consumo esagerata che vede innumerevoli quantità di materie riutilizzabili sprecate. Parallelamente il film racconta dell’arte dello spigolare, una volta praticata in larga scala dalle donne nei campi, ora sostituite dall’avvento di nuove tecnologie. Ma quest’atto non è caduto in disuso, anche se oggi in molte città è percepito diversamente che in passato; in molti luoghi son state fatte norme e divieti, rammendando la presenza di persone che per un proprio egoistico e capriccioso desiderio preferiscono far marcire enormi quantità di alimenti che farle spigolare, riflettendo una società consumistica e narcisistica.
Nonostante ciò, fortunatamente, esistono molti appassionati alla spigolatura che, non obbligatoriamente spinti da necessità, amano raccogliere e dare vita ad oggetti usati recuperati. A me ha sempre incuriosito e stranamente sorpreso il fatto che per due persone sia possibile vedere uno stesso elemento con occhi totalmente diversi, per quelli della prima è solo spazzatura ma per quelli della seconda potrebbero essere infinite opportunità. (Lisa)
La cosa che mi ha più colpito nel film è stata un'associazione fatta dalla stessa regista. Quando associa l'aspetto di un anziano all'orrore, facendo sembrare la pelle di un vecchio la pelle di un mostro: piena di rughe, con molti nei, con delle alterazioni della pigmentazione, con le osse quasi visibil...
L’intero documentario parte dal tema della spigolatura osservato in tutte le sue sfaccettature. Il termine riporta all’antica pratica della raccolta manuale delle spighe di frumento rimaste nei campi dopo la raccolta.
Attraverso lo sguardo di Agnés Varda, gli spigolatori diventano tutti coloro che recuperano, riciclano, raccolgono, riutilizzano, fanno in modo che niente vada perduto restituendo ad ogni cosa la propria dignità, alcuni spinti da necessità economiche, altri solo per una questione di svago.
In questo fenomeno emerge anche un risvolto sociale, si crea un legame di solidarietà fra quelli che raccolgono ciò che gli altri abbandonano per eccesso di abbondanza.
Viene quindi evidenziata una contrapposizione fra il mondo degli spigolatori che danno valore ad ogni singolo oggetto e il consumismo che, al contrario, rende tutto uniforme, sostituibile e non differenzia.
Per pura malvagità umana alcuni proprietari agricoli non permettono che venga messa in atto tale pratica, preferendo che le cose muoiano, quando invece potrebbero giovare a chi ne ha più bisogno. Le leggi del mercato prevalgono sui bisogni dell’uomo.
Il documentario apre gli occhi sul mondo di sprechi in cui siamo immersi. Viene spontaneo chiedersi perché i bisognosi debbano procurarsi da vivere frugando nei cestini o raccogliendo patate da cumuli di verdura quasi in putrefazione, perché trattare come spazzatura quanto si sa essere utile a qualcuno?
Sono numerose le umili persone che la regista incontra nel suo viaggio, e si resta stupiti dalla bellezza che riescono a produrre. A partire dalle opere artistiche come totem e quadri realizzati con oggetti cestinati, passando per le patate a forma di cuore gettate via perché inadatte alla vendita, fino alla disponibilità dello spigolatore laureato ad insegnare il francese ad un gruppo di ragazzi stranieri.
Insomma, se da alcuni oggetti può provenire tanta bellezza, perché gettarli e non consegnarli a chi sa sfruttarli o ne ha bisogno? Questo è il messaggio che vuole lanciare il documentario prodotto nel 2000, e ancora oggi, nonostante siano trascorsi oltre vent’anni, possiamo constatare l’attualità della tematica affrontata da Varda e, insieme, quanto resti ancora da fare per costruire una società giusta, realmente equa e solidale. (Lorenzo)
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INVIATE SABATO
Attraverso questo documentario di Agnès Varda sono venuta a conoscenza in modo più approfondito degli enormi sprechi di prodotti alimentari dei grandi magazzini e delle persone in generale. Fortunatamente (o purtroppo) esistono ancora oggi gli spigolatori, cioè coloro che letteralmente raccolgono i chicchi di grano rimasti in terra dopo la mietitura. Oggi, da quanto ho inteso dal documentario, questo termine viene inoltre utilizzato per definire coloro che anche se in altre circostanze, come la raccolta delle patate scartate dalle aziende agricole, la raccolta dei rifiuti dai cassonetti o dei residui giornalieri non venduti nei mercati, svolgono comunque l’azione di riciclare e riutilizzare materiali di scarto, evitando gli sprechi. Gli spigolatori dei giorni d’oggi sono, per la maggior parte, persone che non si guadagnano da vivere e che, per assurdo, grazie agli sprechi delle persone, sempre più cieche e indifferenti, possono sperare di sopravvivere. (Sara)
La visione di questo documentario, raccontato attraverso gli occhi e le parole di Agnes Varda, mi ha portato a riflettere su cose a cui prima non avevo mai pensato. Sono realtà che ci sembrano immensamente distanti dalla nostra, ma che in realtà, se guardassimo un po’ meglio, ci renderemmo conto che non sono poi così lontane.
La regista introduce il documentario raccontando la storia della spigolatura, alla quale lei stessa si dedicava da giovane insieme alle altre donne. Spigolare significa raccogliere qualcosa da terra, abbassarsi, chinarsi. Eppure è un gesto che non significa perdere la propria dignità, anzi, lei, attraverso le sue parole lo rende nobile. Gli spigolatori, un tempo molto più diffusi, raccolgono tutto ciò che altrimenti andrebbe sprecato. Frutti della terra che, se lasciati a marcire, perderebbero il loro valore.
Ci sono così tante persone che soffrono la fame. La pratica della spigolatura restituisce importanza ad alimenti che vengono scartati dai macchinari e dagli agricoltori perché non hanno le giuste caratteristiche per essere venduti nei mercati.
Agnes riprende uomini e donne che, in condizioni di vita precarie, spigolano per consentire a sé stessi, alla loro famiglia e alla loro comunità di sopravvivere. Però non c’è solo chi spigola perché ne ha estremamente bisogno, c’è chi lo fa per restituire la vita a qualcosa che viene buttato via dai consumatori, per andare contro un sistema che ci spinge a guardare chi pratica la spigolatura con occhi sprezzanti.
Mi ha colpito ciò che per loro significano tutte quelle cose che per noi non sono altro che immondizia. Come si possa vedere in modo così diverso quello che in realtà dovrebbe essere lo stesso per tutti.
Mi sembra quasi che quella della spigolatura sia un’arte: ridare un senso a ciò che viene scartato e ribellarsi alla crudeltà e noncuranza della società in cui viviamo. (Virginia)
Il docufilm francese tratta in particolar modo la spigolatura: una pratica che viene ancora utilizzata oggi per i contadini di campagna. Secondo il parere di Varda, gli spigolatori sono tutti coloro che riciclano e raccolgono gli alimenti. Nel documentario viene sottolineato in particolar modo il degrado di tutte quelle persone che non potendo permettersi di comprare del cibo da sé sono costretti ad accontentarsi di prendere i rifiuti e gli scarti dei raccolti altrui. Il documentario fa riflettere sulla differenza tra coloro che sono costretti a riciclare i beni altrui e quelli che invece abbandonano il prodotto in eccesso, i consumisti. Alcuni proprietari terrieri, infatti, non permettono nemmeno la spigolatura dei prodotti che loro non raccolgono, distruggendo e buttando il prodotto non raccolto solo per assicurarsi che gli spigolatori si limitino a raccogliere ciò che è per terra, quindi l’irrecuperabile. Le apparenze sul mercato e il commercio dei coltivatori di mestiere non badano alle esigenze di prima necessità dei meno privilegiati. Lo spreco, il prodotto in eccesso buttato via è il maggiore problema e viene sfruttato dagli zingari per sopravvivere. Il documentario in varie scene fa degli zoom sulla natura e i prodotti immangiabili: questo per rendere partecipe colui che guarda il film a osservare scene forti che rimangono impresse nella mente di chi osserva. Viene illustrata una realtà che quotidianamente passa inosservata ma che merita di essere vista, capita e presa in considerazione. Gli oggetti rotti, il cibo sprecato, la mani distrutte della povera gente, la sofferenza, fanno domandare “cosa significa vivere nella disperazione?” “cosa significa sapersi accontentare?” “cosa significa veramente cercare il cibo dalla spazzatura e fare l’elemosina?” “perché l’uomo è così crudele?”, spesso non badiamo a questi aspetti perché non viviamo nella vera disperazione e non riusciamo nemmeno a immaginarci quella vita. I beni materiali, anche se di poco conto, possono cambiare la vita a molte persone, gli permettono di andare avanti, di avere un minimo di speranza. (Ettore)
Questo film mi ha fatto riflettere. Agnes Varda ha intervistato diverse persone, molte delle quali avevano cattive condizioni di vita. Infatti, a causa della mancanza di lavoro o per un reddito insufficiente, sono costretti a vivere una vita diversa rispetto a prima. Per mangiare cercano ogni giorno gli scarti o gli avanzi di cibo dal mercato, o persino nella spazzatura. Tutto questo mi fa pensare che la gente come me spreca troppo e che non tutti hanno l'opportunità di avere quello che abbiamo. Da un altro punto di vista lo spreco delle nostre casa, dei ristoranti, ha un lato positivo, quello di “dare” cibo alle persone meno fortunate. Nel film viene riportato un altro esempio di scarto: molte patate, infatti, vengono scartate a causa delle loro dimensioni o semplicemente per il loro aspetto, anche se possono ancora essere mangiate. Dopo aver visto questo film ho iniziato a pensare che nella nostra società ci sono ancora moltissimi poveri, che non sono solo extracomunitari ma soprattutto nostri connazionali. Inoltre mi ha fatto riflettere su un’altra cosa: noi, compreso io, ci soffermiamo troppo sull’aspetto del cibo, quando basterebbe soltanto che sia buono, o per lo meno non dannoso, marcio. (Jacopo)
Grazie al documentario raccontato ed effettuato dalla regista Agnes Varda, ho avuto la possibilità di riflettere meglio su una realtà sulla quale onestamente non mi sono mai soffermata più di tanto a pensare, poiché ritenevo lontana dalla mia. Mi sono resa conto del fatto che è inaccettabile che delle persone sprechino così tanto cibo ancora commestibile (come ad esempio le patate), quando in realtà lo potrebbero donare ad esempio alle mense per i poveri e per i senza tetto, evitando così di buttarlo e di danneggiare l'ambiente.
Agnes Varda in questo documentario analizza una parte della società che spesso non consideriamo o riteniamo molto lontano da noi. Però, soprattutto in questo periodo della pandemia, queste realtà sono più vicine di quanto possiamo immaginare.
La narrazione inizia dalla figura degli spigolatori, coloro che raccolgono le spighe di grano rimaste dopo la mietitura. La regista stessa, in passato era stata una spigolatrice, infatti, nel suo documentario analizza questo mestiere in modo nobile a differenza di ciò che uno possa immaginare.
Grazie a questo documentario ho riflettuto molto sul ruolo che ognuno di noi può avere all'interno della società, perché ho capito che per fare qualcosa di utile, non è necessario fare grandi azioni, bensì basta iniziare dalle piccole cose, come per esempio imparare e riutilizzare e riciclare tutte quelle cose che non pensiamo possano servire ad altro se non per quello per cui sono state create. (Andrea)
Dire semplicemente che il documentario mi ha fatto riflettere sarebbe troppo poco. Quello che ho provato è stata la consapevolezza di essere colpevole di assurdi sprechi ogni giorno, che potrebbero facilmente essere evitati; mi sono sentita una bambina viziata al confronto di molte delle persone le cui storie sono state raccontate.
Le persone riprese nel film non sono tutte povere o disagiate, ma anche individui che agiscono puramente per rispettare la loro etica e codice morale, o per delle passioni: l'arte del riciclo, l'attivismo, o anche il semplice divertimento.
Sono stati ripresi oggetti o alimenti che non rispettavano i criteri necessari per la vendita, e ho trovato analogo il modo in cui la società tratta le persone considerate scarti o rifiuti.
Dopo mi sono posta una domanda a cui non so rispondere: sarebbe meglio se gli sprechi continuassero ad esistere così come sono (insieme a tutti i problemi che comportano) oppure che si riducessero? Sebbene siano una parte orrenda della società consumistica in cui viviamo, gli avanzi sono la principale fonte di nutrimento e sostentamento di molte persone in tutto il mondo: togliendoli, cosa succederebbe a loro? (Francesca)
“Les glaneurs e la glaneuse” è un documentario del 2000 diretto da Agnès Varda che analizza la l’evoluzione della spigolatura. Questo documentario mi ha fatto riflettere sulla spigolatura che ai giorni d’oggi avviene: persone, principalmente in estrema difficoltà, che, cercando in luoghi di discarica come cassonetti o in campi o serre dopo la raccolta, raccolgono e sfruttano alimenti o oggetti, ancora pienamente utilizzabili o consumabili. Attraverso la visone del documentario non posso non aver riflettuto su quanto sia importante la spigolatura e gli spigolatori. Se oggi fosse una pratica più diffusa, come nell’epoca della regista, si riuscirebbe acquisire degli oggetti o cibo in modo gratuito, aiutando così molte persone, in modo ecosostenibile, poiché si riuscirebbe a dare una nuova vita a un oggetto o un alimento che sarebbe stato sprecato. (Luisa)
Questo documentario mi ha colpito da molti punti di vista, ma quello che mi ha fatto quasi rabbrividire è stato il modo di vivere di alcune famiglie protagoniste del film. La scena che ho ancora in mente è quella in cui l'azienda che produce patate fa una selezione tra quarantacinque tonnellate di raccolto scartando quelle con più difetti estetici, buttandone numerose tonnellate. Queste ultime vengono poi scaricate nei campi in mezzo alla campagna dove, solitamente i bambini, vedono questi ammassi di raccolto e con buste di plastica si precipitano sul luogo per prendere le patate migliori prima che diventino verdi, quindi immangiabili. Mi ha sempre toccato il fatto che molte famiglie non abbiano i mezzi per sopravvivere e si cibino di scarti. Dovrei riflettere di più per capire meglio quanto sono fortunato e quante cose do per scontato che per altri non lo sono affatto. Questa è una situazione infatti che purtroppo ci tocca molto da vicino. (Francesco)
Il documentario narra e descrive il fenomeno della spigolatura e tratta il tema degli sprechi. Agnès Varda compie un viaggio che documenta con la sua telecamera e intervista alcune persone che le raccontano la loro personale esperienza. La spigolatura è un fenomeno che consiste nel raccogliere ciò che è stato scartato da altri. Originariamente consisteva nel raccogliere dal terreno i resti del raccolto nei campi che era rimasto sul terreno, ma con il tempo questo fenomeno ha acquistato più significati, come quello di prendere dai cassonetti per strada ciò che altre persone hanno buttato. Ciò che mi ha colpito di più è stato un uomo che vive e si nutre degli sprechi delle altre persone, pur avendo un lavoro, una casa e soldi per comprare da mercati o supermercati. Ha fatto questa scelta perchè molte persone sono superficiali e gettano nella spazzatura alimenti che sono scaduti da pochi giorni ma che si possono ancora mangiare, o addirittura che devono ancora scadere. Queste persone non si rendono conto però che ciò che stanno buttando può essere il pasto di una persona. La spigolatura di una volta esiste ancora: moltissime persone si recano nei campi abbandonati o meno, e raccolgono i prodotti che le persone che hanno raccolto in primo luogo, hanno scartato perché brutti o un po' piccoli (nel documentario c'era l'esempio delle patate). Tra le persone c'è solidarietà, anche perché molti vivono in roulotte e quello che raccolgono è quello che magari mangiano per settimane. Questo documentario mi ha quindi fatto riflettere su una tematica a cui non penso spesso: la povertà esiste e non è per forza in paesi lontani ma è anche semplicemente nel centro della nostra città. Bisognerebbe pensare più agli altri ed essere meno egoisti, perchè c'è sempre gente che sta peggio di noi e non dobbiamo dimenticarcelo. (Carlotta)
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