SUL PASSO DEL DE LEGIBUS DA TRADURRE (a disposizione dal7/10)

Il dialogo ha come interlocutori Cicerone stesso, il fratello Quinto e l’amico Attico ed è ambientato nella villa di Arpino dell'oratore, situata nei pressi del fiume Liri; il particolare risalto che, con toni lirici, Cicerone conferisce alla natura come cornice del dialogo, richiama l’atmosfera di alcuni dialoghi platonici come  Le Leggi (Leg. 1, 625b-c) a cui si riferisce lo stesso Cicerone in leg. 1, 15, e il Fedro con il suo locus amoenus (Phaedr. 229a-b; 230a-e) a cui si richiama in modo esplicito Attico in leg. 2, 6. Come altre opere ciceroniane il De legibus rappresenta un esempio del complesso intreccio tra la riflessione filosofica, nella quale si diramano molteplici contributi della speculazione greca classica ed ellenistica, e la teoresi giuridico-politica di Cicerone; tutto alla luce di un’esperienza di vita e di un progetto politico maturati nelle vicende che ebbero in Cicerone uno dei protagonisti a Roma nell’ultimo secolo della res publica.  Cicerone non solo tratta  di legge e di diritto di natura,  ma esamina e commenta  numerose leggi romane: per questo l’opera offre  un'imprescindibile testimonianza della storia delle istituzioni e del diritto pubblico, civile e religioso, di Roma, e arricchisce la nostra conoscenza del contesto politico contemporaneo all'Autore.

II libro, 13

 Marcus: Quid quod multa perniciose, multa pestifere sciscuntur in populis, quae non magis legis nomen adtingunt, quam si latrones aliqua consensu suo sanxerint? Nam neque medicorum praecepta dici vere possunt, si quae inscii inperitique pro salutaribus mortifera conscripserint, neque in populo lex, cuicuimodi fuerit illa, etiam si perniciosum aliquid populus acceperit. Ergo est lex iustorum iniustorumque distinctio, ad illam antiquissimam et rerum omnium principem expressa naturam, ad quam leges hominum diriguntur, quae supplicio inprobos adficiunt, defendunt ac tuentur bonos.

TRADUZIONE 1 (CB)

Che dire del fatto che si sanciscano nei confronti dei popoli disposizioni dannose e addirittura mortali , che non meritano di essere definite leggi più che se le avessero disposte bande di predoni? Infatti, né le prescrizioni mediche si possono definire vere, qualora soggetti ignoranti e inesperti abbiano prescritto sostanze nocive invece di salutari, né una legge  relativa a un popolo, di qualunque tipo essa sia, può essere detta vera  se il popolo ne ha ricevuto un qualche danno. Dunque la legge è una forma di distinzione fra cose giuste e cose ingiuste, espressa secondo quella antichissima e primaria fonte di tutto, la natura, in direzione della quale si dispongono le leggi umane, che colpiscono con pene i malvagi, difendono e tutelano gli onesti. 

TRADUZIONE 2 (PROGETTO OVIDIO)

13] Marco: - E che dire del fatto che vengono sancite molte disposizioni dannose nei confronti dei popoli, molte persino esiziali, ma ciò nonostante queste portano il nome di legge, non peggio che se dei furfanti le avessero stabilite nelle loro bande? Infatti non si possono chiamare realmente prescrizioni dei medici nel caso che essi, per ignoranza ed imperizia, abbiano prescritto sostanze letali in luogo di salutari, e nemmeno una legge relativa a un popolo, qualunque essa sia, può essere detta legge, posto che il popolo ne abbia ricevuto qualche danno. La legge pertanto è la distinzione del giusto e dell'ingiusto manifestata in conformità alla natura, che è il più antico e principale di tutti gli elementi a cui fanno riferimento le leggi umane, che colpiscono con pene i malvagi, e difendono e proteggono gli onesti. 





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