MODELLO DI RISPOSTE ALLE DOMANDE SU SALLUSTIO
1) Il passo riportato dalla parte introduttiva del De Catilinae coniuratione è intriso di orgoglio. Dopo aver delineato l'etimologia di questo termine, riconoscine, attraverso citazioni testuali in latino/italiano corredate da commenti, la presenza all'interno dei passi, nelle due sue declinazioni possibili di orgoglio individuale e orgoglio collettivo. Suggerisci anche una corrispondenza lessicale sostenibile con un vocabolo latino.
L’etimologia del termine orgoglio viene fatta risalire al franco “urgoli” o al tedesco antico “urgol”. Entrambi i termini si potrebbero tradurre come “notevole”, poiché il prefisso “-ur” corrisponde al latino “-ex” mentre “-guol” traduce gli aggettivi “petulante” o “lussureggiante”. L’aggettivo orgoglioso viene infatti utilizzato per definire chi ha stima eccessiva di sé, dei propri meriti e della propria condizione sociale, tanto da arrivare a considerarsi superiore agli altri.
In latino si potrebbe tradurre con il termine gloria (traducibile come ambizione, desiderio di gloria, vanto, vanteria, vanità), rintracciato nell’introduzione al De Catilinae Coniuratione oppure in generale come superbia (superbia, arroganza, fierezza, orgoglio). Tuttavia anche il termine spiritus (traducibile con soffio o spirito) può avere anche un senso figurato ed essere tradotto come superbia, prepotenza, arroganza, orgoglio, presunzione o tracotanza.
Nell’introduzione al De Catilinae Coniuratione Sallustio è certamente portatore di un forte orgoglio riguardante risalente alla sua funzione all’interno della società. Infatti afferma come ci sia un orgoglio legato alla figura degli storici poiché qui fecere et qui facta aliorum scripsere, multi laudantur, ovvero in gran numero sono lodati sia coloro che compiono le imprese sia quelli che le raccontano. Afferma come sia pulchrum (bello) bene facere (operare bene) per lo stato, ma che anche il bene dicere (parlarne bene) non è certamente absurdum (disdicevole). Si potrebbe sostenere che lo storico sia colui che parla bene della repubblica, ma bisogna ricordare che l’otium è il periodo successivo al ritiro dalle cariche lavorative ufficiali che deve essere dedicato ad attività utili per la società, che quindi hanno come risultato un bene collettivo.
Arriva anche a trattare della sua operazione di storico amplificando la dose di orgoglio individuale, poiché si sofferma sulla difficoltà che incontra nel tentare di eguagliare le azioni con le parole.
Un esempio di orgoglio collettivo trattato da Sallustio è quello che si manifesta durante la guerra contro Cartagine, coincidendo con un sentimento che teneva unita la popolazione per perseguire il fine comune della Res Publica in quella fase, il controllo del Mediterraneo. Infatti, una volta venuto meno il metus hostilis, la paura del nemico (cartaginese), comincia a prevalere l’orgoglio individuale e gli uomini cominciano a cadere nel vizio.
Lo stesso Sallustio, quindi, ha l’obiettivo di trasmettere valori morali ed educare attraverso la propria scrittura, come dimostra il fatto che a sua volta ammettea di provare orgoglio nell’introduzione al De Catilinae Coniuratione, quando onora persino eccessivamente la sua professione di storico. Umanizza ulteriormente la figura dello storico l’ammissione di essersi fatto coinvolgere da sfrontatezza, prodigalità e avidità durante la sua carriera politica.
2) L'impostazione storiografica di Sallustio è moralistica: dimostralo attraverso esempi tratti dal testo e conduci un raffronto con la visione storica di Dante, individuando sia le affinità sia le profonde differenze.
Sallustio scrive con un’impostazione certamente non oggettiva e cerca di richiamare riferisi al senso della morale dei lettori, ovviamente al mos maiorum. Sallustio ritiene, come era il pensiero comune dell’epoca in armonia con questìultimo, che l’otium sia da dedicare ad attività che hanno ricadute sulla societas, come, ad esempio, la storiografia. Quindi le sue opere perseguono anche il fine di educare i giovani della Res Publica. Questa operazione risulta adatta alla sua figura missione, perché vuole fungere da esempio essendo stato un Homo Novus, quello che oggi definiremmo un self made man, riferendosi però all'ambito solo economico-sociale, che non ha avuto antenati senatori attraverso i quali è arrivato a ricoprire importanti cariche sociali, ma vi è giunto con i propri mezzi.
Sallustio legge la storia in prospettiva moralistica, visione che certamente lo accomuna con Dante, sebbene quest’ultimo viva più di 1300 anni dopo. L’idea di decadenza legata alla storia recente è condivisa dai due scrittori e riguarda Roma per il primo e Firenze con gli scontri tra guelfi e ghibellini per il secondo. La tendenza negativa sarebbe causata proprio dai vizi, che arrivano a prevalere sulle qualità morali degli uomini. La decadenza di Roma sarebbe cominciata dalla sconfitta di Cartagine, perché quando viene meno il metus hostilis, la paura del nemico che tiene coesi i cittadini in vista dell’obiettivo comune, cominciano a farsi largo ambitio, avaritia e luxus. In sostanza quello che porta intere società alla rovina è spesso la brama di potere o di ricchezza dei singoli e, a seguire, del popolo in generale.
Tra i due autori, tuttavia, sussiste una differenza fondamentale, in quanto la decadenza trattata da Sallustio sembra essere priva di risvolti positivi, se non i tentativi di invertire la tendenza messi in atto da singoli cittadini. Dante invece vive in un contesto cristiano che gli trasmette una certa speranza attraverso l’idea della Provvidenza divina. Infatti nel De Monarchia, dove tratta anche il corretto rapporto che ci dovrebbe essere tra potere temporale e potere spirituale, esprime le sue speranze in una discesa di Enrico VII in Italia in modo da liberarla dal potere temporale del papato.
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