DAI MOMENTI FATALI DI STEFAN ZWEIG: CICERONE

 La risoluzione più saggia che un uomo intelligente e non troppo coraggioso può prendere quando si imbatte in chi, quanto a forze, lo soverchia è di evitarlo restando in attesa, senza provare vergogna, di un cambiamento che gli liberi nuovamente la strada. Marco Tullio Cicerone, il primo umanista dell'Impero Romano, il retore eccelso, il difensore del diritto, per tre decenni si è prodigato in difesa delle leggi tramandate, e a tutela della repubblica. Le sue orazioni sono scolpite negli annali della storia, le sue opere letterarie sono pietre miliari della lingua latina. Ha fieramente avversato in Catilina l'anarchia, in Verre la corruzione, nei generali vittoriosi la minaccia della dittatura e il suo libro De re publica ha costituito all'epoca, il codice etico della forma ideale di Stato. Ora però compare sulla scena un uomo più forte: Giulio Cesare. All'inizio Cicerone, che lo sopravanza per età e per fama, lo ha favorito senza alcun sospetto, ma da un momento all'altro Cesare, con le sue legioni galliche, ha imposto il suo dominio sull'Italia. Signore incontrastato del potere militare, gli basterebbe allungare una mano per prendere il serto regale che Antonio gli porge dinnanzi all'Assemblea popolare. [...]

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