SINTESI PER PUNTI LEZIONE INTRODUTTIVA ALLA VITA NUOVA DI DANTE

  •  La Vita nuova è un’opera giovanile di Dante: la concepisce e scrive fra il 1292 e il 1296.
  •  Aveva già composto molte poesie, confluite poi nelle Rime e probabilmente  anche  il Fiore (1283-1287), una raccolta di 232 sonetti che compendiano il Roman de la Rose, un poema allegorico in lingua d’oil e in  ottosillabi (come Lancillotto),  iniziato nel 1237 da Guillaume de Lorris, che ne scrisse 4058 versi, e completato nel 1280 da Jean de Meung, che scrisse più di 18000 versi.  
  • Chrétien de Troyes,  Andrea Cappellano, in latino il suo trattato De amore, operano presso Maria di Champagne, nel XII secolo.
  • Stesso periodo, nel sud della Francia e in lingua d’oc, fiorisce la lirica trobadorica, accompagnata da musica, destinata a diffondersi in Italia settentrionale, in Sicilia alla corte di Federico II, in Spagna, in Grecia, in Germania, dove  dà luogo al Minnesang. I trovatori cantano in lingua d’oc, mentre le stesse tematiche in lingua d’oil vengono cantate dai trovieri.
  • Nel XIII secolo, i luoghi in cui ulteriormente si elabora la tematica amorosa in poesia sono la corte di Federico II di Svevia e di suo figlio Manfredi, con una massima fioritura fra il 1230 e il 1250 (scuola siciliana, che si esprime in volgare siciliano illustre), Bologna (con Guido Guinizzelli, attivo tra il 1235 e il 1276), la Toscana (con Bonagiunta Orbicciani da Lucca, Chiaro Davanzati, Compiuta Donzella). Contemporaneo è anche Guittone d’Arezzo, la cui vena è molto variegata, spaziando dal tema amoroso a quello politico e quello religioso. Nalcanto XXIV, vv. 52-63, lo stilnovismo viene così delineato:

E io a lui: «I’ mi son un che, quando 
Amor mi spira, noto, e a quel modo 
ch’e’ ditta dentro vo significando».

«O frate, issa vegg’io», diss’elli, «il nodo 
che ‘l Notaro e Guittone e me ritenne 
di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo!

Io veggio ben come le vostre penne 
di retro al dittator sen vanno strette, 
che de le nostre certo non avvenne;

e qual più a gradire oltre si mette, 
non vede più da l’uno a l’altro stilo»; 
e, quasi contentato, si tacette.

  • Nel canto XXVI del Purgatorio l’agens incontra Guido Guinizzelli, al quale invece riconosce di essere stato un suo ispiratore: di qui l’idea che questo poeta bolognese sia stato un precursore dello stilnovismo, in quanto sentito come tale da Dante:

E io a lui: "Li dolci detti vostri,
che, quanto durerà l’uso moderno,
faranno cari ancora i loro incostri".

  • Allo stilnovismo fiorentino partecipano poi Dante, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, tutti e tre attivi, in ambito stilnovistico, nell’ultimo scorcio del XIII secolo.
  • (i componimenti sono sempre intitolati attraverso il primo verso: Guido, ‘vorrei che tu e Lapo ed io)

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.

Una breve analisi

Il condizionale vorrei, nel primo verso, sostiene  il componimento fino al penultimo verso, inanellando 8 congiuntivi subordinati a questo verbum voluntatis, e inserendo solo all’ultimo verso un’altra subordinazione di tipo comparativo, sì come i’ credo e una subordinata oggettiva di nuovo al condizionale. L’analisi sintattica, nella sua fredda eloquenza, ci mette di fronte a una rivelazione di significato molto interessante: il poeta sta tessendo un’immaginazione, un sogno, che si rafforza per via del ricorso a un verbo che fa appello a una facoltà attraverso cui gli esseri umani possono determinare il loro destino, la volontà. Questa volontà, per quanto condizionata, può produrre molti effetti, in primo luogo quello di unire tra loro i protagonisti del sonetto, amici e amiche, in una condizione di corrispondenza d’amorosi sensi (come si esprimerà, a secoli di distanza in altro contesto poetico Foscolo) capace di produrre una contentezza che il poeta crede possibile.


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