PRIMA LEZIONE OVIDIO - 14 SETTEMBRE
RIPRESA DAI COMPITI PER LE VACANZE
OVIDIO
LATINO PRIMA LEZIONE
In nova fert animus mūtātās dīcere formās corpora: dī,
coeptīs (nam vōs mūtāstis et illās) adspīrāte meīs prīmāque ab orīgine mundī ad
mea perpetuum dēdūcite tempora carmen. 5. Ante mare et terrās et, quod
tegit omnia caelum ūnus erat tōtō nātūrae vultus in orbe, quem dixēre Chaos,
rudis indīgestaque mōles nec quicquam nisi pondus iners congestaque eōdem non
bene iunctārum discordia sēmina rērum. 10. Nullus adhūc mundō praebēbat lūmina
Tītan, nec nova crescendō reparābat cornua Phoebē, nec circumfusō pendēbat in
āëre tellūs ponderibus lībrāta suīs, nec bracchia longō margine terrārum
porrexerat Amphītrītē, 15. Utque erat et tellūs illīc et pontus et āër, sīc
erat instabilis tellūs, innābilis unda, lūcis egens āër: nullī sua forma
manēbat, obstābatque aliīs aliud, quia corpore in ūnō frīgida pugnābant
calidīs, ūmentia siccīs, 20. mollia cum dūrīs, sine pondere habentia pondus.
Lo spirito poetico mi suggerisce di raccontare di
metamorfosi: o dei, esperti in mutamenti, ispiratemi voi, ispirate il mio carme
continuo dall'origine a ora. Prima delle distinzioni tra mare e terre, a
costituire l'essenza di tutto era un unico cielo, un unico volto, che
denominarono Caos, mole possente, inerte e compatta di atomi
discordanti. Nessuna luce di Titano, né Febe crescente, né terra sospesa e
recingente, e Anfitrite non abbracciava le sponde. C'erano mare, aria, terra
instabile, onda innavigabile, aria senza luce. Niente restava se stesso e tutto
entrava in colliszione con tutto: gelo e caldo, bagnato e arido, morbido e
duro, greve e senza peso.
Traduzione di Vittorio Sermonti
A dire di forme alterate in forme di corpi mai visti /mi
sento sedotto; dei, ah, date respiro all’mpresa avviata / (avete alterato anche
quella!) e assecondate il mio anto/ dal primo principio del mondo,
ininterrotto, ai miei giorni. /Prima di mari e terre e del cielo che tutto
copre / la natura nell’universo presentava un unico aspetto, / che si è
convenuto chiamare Caos: massa grezza, indistinta, / nient’altro che un blocco
inerte, una congerie di germi / disparati di cose male accostate tra loro. Non
c’era / ancora Titano il Sole che offrisse al mondo la luce, / né Febe la Luna
che, nuova, crescendo colmasse la falce; / né la Terra, compatta di gravità,
era appesa in un’aria / che la avviluppasse, né Anfitrite l’Oceano aveva
disteso / ancora le braccoa a disegnare la rive del mondo. / E sebbene la terra
ci fosse, ci fossero il mare e l’aria, / la terra era malferma, innavigabile
l’acqua, l’aria /senza luce; nulla che conservasse una forma sua propria; /
ogni cosa urtava nell’altra, dacché in un suo unico corpo / il freddo
confliggeva col caldo, il secco con l’umido, / il molle col duro, il grave con
l’imponderabile.
Traduzione in inglese
My soul inclines to
speak of the transformation of forms into new bodies: o Gods, please assist my
enterprise (in fact you have also transformed the forms) and keep on supporting
my poem, from the first origin of the world up to my time. Before the sea and
the land and the sky, which covers everything, in nature there was only one
aspect in all, which they called Chaos, a rough and disordered mass, nothing
but an inactive agglomeration and at the same time a heap and a contrast of
uncoordinated elements of the world. The Titan still did not offer the lights
to the world, nor did Phoebe regain new phases growing, nor did the earth hang
in the diffused air, suspended on its weights, nor did Amphitrite stretch its
arms over the long boundary of the emerged lands, and though there were earth
and sea and air, the earth was unstable, the waves were not navigable, the air
was without light: nothing was left in its form, one thing was opposing to
another because in the same body the cold fought with the heat, the wet with
the dry, the soft with the hard, the light with the heavy.
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