VOSTRI SCRITTI DALLA LEZIONE DI CANFORA

 Conferenza Canfora (Virginia)

Canfora nella sua conferenza il profilo del rivoluzionario, inerente a Catilina, sottolinea come sia importante capire cosa si intenda quando si usa la parola rivoluzionario e poi si chiede se per caso non sia finita l’epoca delle rivoluzioni.  

Riguardo al primo punto, Canfora fa una premessa di carattere storico e afferma che nel mondo greco e romano la parola latina revolutio significa tornare al punto di partenza. Quindi non è questo il termine all’origine di quello che intendiamo noi per rivoluzione, ma piuttosto la parola che viene usata dalle società per introdurre il concetto di novità è in greco antico neoterìzein, che significa introdurre delle innovazioni e in latino res novas moliri, che significa preparare cose nuove. 

Nelle civiltà classiche questi due termini hanno una connotazione fortemente negativa, per una ragione inerente al pensiero politico e all’ordinamento della città antica, che si fonda sul fatto che l’ordinamento sia da difendere perché in esso si identifica la comunità e perciò chi lo vuole distruggere compie un atto distruttivo della fonte medesima della comunità. Coloro che si pongono contro questo ordinamento, per la società greca antica vogliono abbattere l’uguaglianza dei cittadini, ed essi, nel mondo ateniese, sono gli oligarchi, che pensano di essere loro i portatori della patrios politeia. Nel mondo greco Efialte e Callistene sono considerati soggetti che hanno tentato di fare dei cambiamenti, rappresentando l’opposizione oligarchica alla democrazia. Sia gli oligarchi che i democratici rappresentano se stessi come i garanti della libertà. Nel mondo romano la situazione si prospetta in termini analoghi, seppur con una variante importante, ovvero che ci siano stati degli avvenimenti documentati che hanno avuto come obiettivo proprio quello di abbattere l’ordinamento vigente. Catilina, per esempio, tenta  di res nova moliri e riguardo la sua storia abbiamo una breve monografia di Sallustio, che scrive qualche anno dopo l’uccisione di Cesare. Sallustio è stato un cesariano convinto e tenace, e propone un metodo di raccontare la storia carptim, ovvero a pezzi. Sceglie per primo l’argomento della congiura di Catilina, perché fu la prima volta che venne commesso un crimine (sceleris novitate), perché voleva abbattere le magistrature regolari, assumere un potere straordinario e attuare riforme come la cancellazione dei debiti. La fallita congiura consiste nel tentativo di eliminare fisicamente i rappresentanti del potere politico. 

Sallustio scrive poco dopo che Cesare è stato ucciso; quindi nel suo scritto si può leggere un’allusione al cesaricidio. Egli infatti individua gli uccisori di Cesare, definiti dai sostenitori liberatori e dagli oppositori patricidi, come successori di Catilina.  

Sallustio scrive il De Catilinae Coniuratione quando ormai si è ritirato a vita privata. 

Catilina viene rappresentato sotto una luce molto negativa e Sallustio di occupa proprio di Catilina per la novitate sceleris. In quel novitate compare proprio il novus che c’è nell’espressione moliri res novas 

L’ambiguità che comunque si avverte nel testo sallustiano consiste nel fatto che anche Cesare, che è stato dietro le quinte durante la congiura di Catilina e ha cercato di difendere i catilinari dalle condanne più pesanti, ha compiuto una azione politica che andava nella direzione di un moliri res novas, ed è stato colpito esattamente nel modo in cui i catilinari a loro tempo volevano colpire i consoli dell’epoca. Cesare quando è stato ucciso era un console in carica, esattamente come quelli che Catilina mirava ad ammazzare. E Cesare al tempo di Catilina era a favore dell’operazione. Il corto circuito a cui vuole fare riferimento Canfora riguarda un tipo di sistema, che è quello repubblicano, che ha posto al centro un controllo esercitato dalle cariche l’una rispetto all’altra per evitare che qualcuno, facilmente uno dei due consoli, arrivi ad avere più potere degli altri. La principale paura del sistema repubblicano è il timore della sua trasformazione in sistema autoritario, cioè monarchico. Chi riesce ad aggirare questo problema, perché ormai la situazione lo consente, è Ottaviano Augusto, che lascia che le cariche sopravvivano ma assume su di sé, riunisce quindi, i poteri (le auctoritates) che queste dovrebbero detenere. Quel Cesare, che stava dietro le quinte durante la congiura di Catilina, era già un Cesare che meditava di compiere un tentativo autoritario. I congiurati di Cesare, invece, volevano difendere la repubblica. 

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