LEZIONE PROPEDEUTICA ALLA VISIONE DELLO SPETTACOLO SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE
- Pirandello è un novellista, romanziere, drammaturgo, saggista senza confini, nel senso che non sono così definite e nette le separazioni nel suo universo immaginativo.
- Una delle sue opere che si compone in un ampio arco di tempo, dal 1884 al 1936, ossia da quando Pirandello, nato nel 1867, aveva 17 anni all’anno della sua morte, sono le 246 Novelle per un anno.
- Scrive Giovanni Macchia che le novelle sono il nido dei personaggi pirandelliani.
- Pirandello rende il personaggio un nuovo ente, nel senso filosofico del termine, quello ontologico.
- Così fa anche Miguel de Unamuno, scrittore spagnolo coevo, nel romanzo Niebla (Nebbia), del 1914, sei anni prima dei Sei personaggi.
- I personaggi, esseri storici che gli uomini di scienza chiamano di finzione possono forse essere accusati di essere meno reali, ma, si sente dire durante il dramma pirandelliano, sono certamente più veri.
- Cos’è la realtà? Cos’è la verità? Esiste una realtà non vera? Esiste una verità non reale? Problema dell'arte, della filosofia e della storia.
- I Sei personaggi in cerca d’autore debuttano al teatro Valle di Roma il 9 maggio 1921, suscitando grande clamore: il teatro diventa un campo di battaglia fra sostenitori e detrattori di Pirandello. In una successiva edizione, quella del 1925, Pirandello aggiunge una prefazione nella quale chiarisce genesi, intenti e tematiche del dramma.
- Con Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo, il dramma dei sei personaggi costituisce la trilogia metateatrale.
- In un teatro sono in corso le prove del II atto di un’opera teatrale di Pirandello, Il giuoco delle parti e gli attori si stanno preparando, quando l’uscere comunica al capocomico che sono arrivati certi signori, che vogliono presentarsi a lui. Sono i sei personaggi, che entrano quindi dal fondo della sala con aria smarrita. Si chiarirà, per via dei loro interventi, che si tratta di una famiglia: vengono infatti denominati con i ruoli che ricoprono, ossia Padre, Madre, Figliastra, Figlio, Giovinetto e Bambina. Il Padre ha avuto il Figlio con la Madre, ma ha poi permesso che questa si creasse una nuova vita, portando con sé il Figlio, con un segretario che viveva in casa loro, dal quale ha poi avuto gli altri tre figli. Il Padre non ha mai smesso di seguire le vicende della nuova famiglia, finché il segretario non muore e la Madre si trova in difficoltà economica. Prende allora a lavorare, insieme alla Figliastra presso un atelier gestito da Madama Pace (sorta di settimo personaggio inizialmente solo evocato e poi protagonista di una sorta di sceneggiata con la Figliastra), che presto ricatta la madre affinché consenta alla Figlia di intrattenersi con uomini maturi (l’atelier è una copertura di un bordello). La Figliastra accetta, ma caso vuole che un giorno si trovi come cliente il Padre. Tutte queste informazioni vengono fornite dal Padre e dalla Figliastra al Capocomico, nell’intento di ottenere da lui di vivere ossia di rappresentare sulla scena il loro dramma. Il Capocomico, però, oppone resistenza, così come gli attori della compagnia, che intendono impersonare loro i personaggi. Il tentativo, però, sortisce effetti disastrosi: in particolare il personaggio della Figliastra ride sgangheratamente quando si vede rappresentata. In un momento clou della scena, impersonata dai personaggi del Padre e della Figliastra nell’atelier di Madama Pace, la Madre interviene per separarli e un errore del macchinista produce un improvviso calo del sipario. Quando la rappresentazione riprende, l’ambiente è un giardino in cui il Figlio trova la Bambina affogata nella vasca, scorge il Giovinetto che tiene una rivoltella nella tasca e si sente una deflagrazione. La Madre grida disperata, gli attori sono attoniti e il Padre grida che è tutto vero. Il capocomico pensa solo alla giornata perduta, fa spegnere le luci e congeda tutti, ma dal fondo emergono quattro grandi ombre, del Figlio, della Figliastra, del Padre e della Madre, che incombono sul capocomico indotto a fuggire terrorizzato. I quattro escono e arrivano in mezzo al palcoscenico, poi la Figliastra, ridendo istericamente scompare dalla scena.
- L'ente denominato personaggio è, anche per via d'artificio (e la maschera suggerita in didascalia concorre senz'altro a enfatizzare questo aspetto) più reale in quanto concentra in sé tutta la vita così com'è stata, com'è e come sempre sarà.
- A differenza delle persone, che scorrono come immerse in un fluido che rammenta il panta rei eracliteo, i personaggi sono per sempre, sono la loro maschera nuda (titolo complessivo della produzione teatrale di Pirandello) e in questo consiste il loro essere a pieno titolo vivi, veri, quand'anche non reali.
- La questione si conduce su un filo sottilmente paradossale, che i ragionamenti dei personaggi, del Padre soprattutto, cercano di rendere plausibili a quel pubblico maldisposto rappresentato dal Capocomico e dagli Attori. Tutti soggetti che credono di sapere molto bene quale sia la differenza fra realtà e finzione e che vivono rassicurati da questa convinzione: essa impedisce di rendersi conto di come tutto sia invece illusorio, e come la rappresentazione sia una maniera di stare al mondo dominante per tutti, al punto da rendere ridicola la pretesa, più volte avanzata dagli attori e dal capocomico, di interpretare la parte dei personaggi.
- La metateatralità sembra svolgere in un certo senso la funzione che nella Vita è sogno di Calderon de la Barca svolge il sogno orchestrato da Basilio a danno (o a vantaggio, i due opposti sono compresenti nel senso conclusivo della vicenda) del figlio Sigismondo.
- I personaggi, in particolare il Padre e la Figliastra, esigono di esistere rappresentandosi, e devono scontrarsi con la pretesa degli attori di sostituirli in questa loro esistenza fungendo loro (gli attori) da protagonisti della medesima. A operare è quindi un meccanismo sostitutivo, una simulazione della vita, definizione che in effetti si addice al teatro (che è originariamente mimesi, imitazione della vita), che i personaggi, in quanto enti provvisti di senso di sé, rifiutano, considerandola un sopruso, un esautoramento.
- Significativo, a questo proposito, quello che fa notare a un certo punto il Padre al Capocomico: l’assurdità di voler essere un altro.
- Ma per esplicitare l’analogia suggerita poco fa con La vita è sogno, aggiungo questa considerazione relativa in entrambi i casi alla dimensione compositiva: Calderon ha assegnato al sogno fittizio, organizzato da Basilio, la funzione di svelare a Sigismondo la verità sulla vita, che è poi il titolo stesso del dramma a sintetizzare. Il meccanismo serve insomma a rendere indistinto un confine, quello tra lo stato di veglia e il sogno, ma anche quello tra messinscena e realtà. Qui si manifesta l’analogia: Pirandello traspone l’operazione nel contesto teatrale, e il confine che diventa indistinto è quello che separa, ora cambio un po’ i termini, l’interpretazione d’una vita dal suo manifestarsi come vita in sé. Come per Calderon, anche per Pirandello la finalità è filosofica, esplicativa di uno (o più) sensi della vita da intendersi ancor più che come significati della medesima di sentimenti di essa. Il dramma dei personaggi, lo ripetono a turno soprattutto il Padre e la Madre, consiste nella circostanza, enfatizzata dalla trovata pirandelliana, di essere eternamente agganciati, imprigionati, fissati in un momento esistenziale. Da lì il loro essere maschere di se stessi, o meglio maschere nude, rispettivamente del rimorso (padre), dolore (madre), vendetta (figliastra), sdegno (figlio).
- Capita di leggere anche nelle novelle, nonché nel romanzo Uno, nessuno, centomila (1926) che la vita, nella sua essenza, è un magmatico ribollire, forse accostabile a quel flusso eracliteo da cui siamo partiti, che però, a ben vedere, rappresenta in se stesso un elemento di stabilità: non si tratta di una contraddizione, casomai di nuovo di una compresenza di opposti. Gli esseri umani, invece di accettarlo come un dato di realtà, si prestano a contraffarlo, ad abusare della sua malleabilità contraddicendone la natura. La vera e propria stortura interpretativa degli attori rispetto ai personaggi, infatti, consiste in questo: nel pretendere di essere loro e di rappresentare sulla scena come un falso quello che è vero.
CITAZIONI DAL TESTO
NOTA PER LA MESSINSCENA DI PIRANDELLO
Ma il mezzo più efficace e idoneo, che qui si suggerisce, sarà l'uso di speciali maschere per i personaggi: maschere espressamente costruite d'una materia che per il sudore non s'afflosci e non pertanto sia lieve agli Attori che dovranno portarle: lavorate e tagliate in modo che lascino liberi gli occhi, le narici e la bocca. S'interpreterà così anche il senso profondo della commedia. I "Personaggi" non dovranno infatti apparire come "fantasmi", ma come "realtà create", costruzioni della fantasia immutabili: e dunque più reali e consistenti della volubile naturalità degli Attori. Le maschere ajuteranno a dare l'impressione della figura costruita per arte e fissata ciascuna immutabilmente nell'espressione del proprio sentimento fondamentale, che è il "rimorso" per il Padre, la "vendetta" per la Figliastra, lo "sdegno" per il Figlio, il "dolore" per la Madre con fisse lagrime di cera nel livido delle occhiaje e lungo le gote, come si vedono nelle immagini scolpite e dipinte della "Mater dolorosa" nelle chiese. E sia anche il vestiario di stoffa e foggia speciale, senza stravaganze, con pieghe rigide e volume quasi statuario, e insomma di maniera che non dia l'idea che sia fatto d'una stoffa che si possa comperare in una qualsiasi bottega della città e tagliato e cucito in una qualsiasi.
Il padre (interrompendo e incalzando con foga).
Ecco! benissimo! a esseri vivi, più vivi di quelli che respirano e vestono panni! Meno reali, forse; ma più veri! Siamo dello stessissimo parere! Gli Attori si guardano tra loro, sbalorditi.
[...]
La Figliastra (facendosi avanti al Capocomico, sorridente, lusingatrice) Creda che siamo veramente sei personaggi, signore, interessantissimi! Quantunque, sperduti.
Il Padre (scartandola) Sì, sperduti, va bene! Al Capocomico subito: Nel senso, veda, che l'autore che ci creò, vivi, non volle poi, o non poté materialmente, metterci al mondo dell'arte. E fu un vero delitto, signore, perché chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più! Morrà l'uomo, lo scrittore, strumento della creazione; la creatura non muore più! E per vivere eterna non ha neanche bisogno di straordinarie doti o di compiere prodigi. Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché - vivi germi - ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l'eternità!
[...]
Il padre Il dramma per me è tutto qui, signore: nella coscienza che ho, che ciascuno di noi – veda – si crede "uno" ma non è vero: è "tanti", signore, "tanti", secondo tutte le possibilità d'essere che sono in noi: "uno" con questo, "uno" con quello – diversissimi! E con l'illusione, intanto, d'esser sempre "uno per tutti", e sempre "quest'uno" che ci crediamo, in ogni nostro atto. Non è vero! non è vero! Ce n'accorgiamo bene, quando in qualcuno dei nostri atti, per un caso sciaguratissimo, restiamo all'improvviso come agganciati e sospesi: ci accorgiamo, voglio dire, di non esser tutti in quell'atto, e che dunque una atroce ingiustizia sarebbe giudicarci da quello solo, tenerci agganciati e sospesi, alla gogna, per una intera esistenza, come se questa fosse assommata tutta in quell'atto! Ora lei intende la perfidia di questa ragazza? M'ha sorpreso in un luogo, in un atto, dove e come non doveva conoscermi, come io non potevo essere per lei; e mi vuol dare una realtà, quale io non potevo mai aspettarmi che dovessi assumere per lei, in un momento fugace, vergognoso, della mia vita! Questo, questo, signore, io sento sopra tutto. E vedrà che da questo il dramma acquisterà un grandissimo valore. [...]
L'uscio in fondo s'aprirà e verrà avanti di pochi passi Madama Pace, megera d'enorme grassezza, con una pomposa parrucca di lana color carota e una rosa fiammante da un lato, alla spagnola; tutta ritinta, vestita con goffa eleganza di seta rossa sgargiante, un ventaglio di piume in una mano e l'altra mano levata a sorreggere tra due dita la sigaretta accesa. Subito, all'apparizione, gli Attori e il Capocomico schizzeranno via dal palcoscenico con un urlo di spavento, precipitandosi alla scaletta e accenneranno di fuggire per il corridojo. La Figliastra, invece, accorrerà a Madama Pace, umile, come davanti a una padrona.
[...]
La figliastra
Ebbene, faccia uscire quella madre.
La madre (levandosi dal suo pianto, con un urlo) No, no! Non lo permetta, signore! Non lo permetta!
Il capocomico Ma è solo per vedere, signora!
La madre Io non posso! non posso!
Il capocomico Ma se è già tutto avvenuto, scusi! Non capisco!
La madre No, avviene ora, avviene sempre! Il mio strazio non è finito, signore! Io sono viva e presente, sempre, in ogni momento del mio strazio, che si rinnova, vivo e presente sempre. Ma quei due piccini là, li ha lei sentiti parlare? Non possono più parlare, signore! Se ne stanno aggrappati a me, ancora, per tenermi vivo e presente lo strazio: ma essi, per sè, non sono, non sono più! E questa, indicherà la Figliastra signore, se n'è fuggita, è scappata via da me e s'è perduta, perduta... Se ora io me la vedo qua è ancora per questo, solo per questo, sempre, sempre, per rinnovarmi sempre, presente, lo strazio che vivo e ho sofferto anche per lei! Il padre (solenne) Il momento eterno, com'io le ho detto, signore! Lei indicherà la Figliastra è qui per cogliermi, fissarmi, tenermi agganciato e sospeso in eterno, alla gogna, in quel solo momento fuggevole e vergognoso della mia vita. Non può rinunziarvi, e lei, signore, non può veramente risparmiarmelo.
[...]
Il capocomico (ammirato e convinto) Ma sì, qua, senz'altro! Sipario! Sipario!
Alle grida reiterate del Capocomico, il Macchinista butterà giù il sipario, lasciando fuori, davanti alla ribalta, il Capocomico e il Padre.
Il capocomico (guardando in alto, con le braccia alzate). Ma che bestia! Dico sipario per intendere che l'Atto deve finir così, e m'abbassano il sipario davvero! Al Padre, sollevando un lembo della tenda per rientrare nel palcoscenico: Sì, sì, benissimo! benissimo! Effetto sicuro! Bisogna finir così. Garantisco, garantisco, per questo Primo Atto! Rientrerà col Padre.
[...]
Il padre (dopo averli un po' osservati, con un pallido sorriso)
Ma sì, signori! Quale altra? Quella che per loro è un'illusione da creare, per noi è invece l'unica nostra realtà. Breve pausa. Si avanzerà di qualche passo verso il Capocomico, e soggiungerà: Ma non soltanto per noi, del resto, badi! Ci pensi bene. Lo guarderà negli occhi. Mi sa dire chi è lei? E rimarrà con l'indice appuntato su lui.
Il capocomico (turbato, con un mezzo sorriso) Come, chi sono? - Sono io!
Il padre E se le dicessi che non è vero, perché lei è me? Il capocomico Le risponderei che lei è un pazzo! Gli Attori rideranno. Il padre Hanno ragione di ridere: perché qua si giuoca; al Direttore: e lei può dunque obbiettarmi che soltanto per un giuoco quel signore là indicherà il Primo Attore che è "lui", dev'esser "me", che viceversa sono io, "questo". Vede che l'ho colto in trappola? Gli attori torneranno a ridere.
Il capocomico (seccato) Ma questo s'è già detto poco fa! Daccapo?
Il padre No, no. Non volevo dir questo, infatti. Io la invito anzi a uscire da questo giuoco guardando la Prima Attrice, come per prevenire d'arte! d'arte! - che lei è solito di fare qua coi suoi attori; e torno a domandarle seriamente: chi è lei?
Il capocomico (rivolgendosi quasi strabiliato, e insieme irritato, agli Attori) Oh, ma guardate che ci vuole una bella faccia tosta! Uno che si spaccia per personaggio, venire a domandare a me, chi sono!
Il padre (con dignità, ma senza alterigia) Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre "qualcuno". Mentre un uomo - non dico lei, adesso - un uomo così in genere, può non esser "nessuno".
Il capocomico Già! Ma lei lo domanda a me, che sono il Direttore! il Capocomico! Ha capito?
Il padre (quasi in sordina, con melliflua umiltà) Soltanto per sapere, signore, se veramente lei com'è adesso, si vede... come vede per esempio, a distanza di tempo, quel che lei era una volta, con tutte le illusioni che allora si faceva; con tutte le cose, dentro e intorno a lei, come allora le parevano - ed erano, erano realmente per lei! - Ebbene, signore: ripensando a quelle illusioni che adesso lei non si fa più, a tutte quelle cose che ora non le "sembrano" più come per lei "erano" un tempo; non si sente mancare, non dico queste tavole di palcoscenico, ma il terreno, il terreno sotto i piedi, argomentando che ugualmente "questo" come lei ora si sente, tutta la sua realtà d'oggi così com'è, è destinata a parerle illusione domani?
Il capocomico (senza aver ben capito, nell'intontimento della speciosa argomentazione) Ebbene? E che vuol concludere con questo?
Il padre Oh, niente, signore. Farle vedere che se noi (indicherà di nuovo sè e gli altri Personaggi) oltre la illusione, non abbiamo altra realtà, è bene che anche lei diffidi della realtà sua, di questa che lei oggi respira e tocca in sè, perché - come quella di jeri - è destinata a scoprirlesi illusione domani
Il capocomico (rivolgendosi a prenderla in riso) Ah, benissimo! E dica per giunta che lei, con codesta commedia che viene a rappresentarmi qua, è più vero e reale di me!
Il padre (con la massima serietà) Ma questo senza dubbio, signore!
Il capocomico Ah sì?
Il padre Credevo che lei lo avesse già compreso fin da principio.
Il capocomico Più reale di me?
Il padre Se la sua realtà può cangiare dall'oggi al domani...
Il capocomico Ma si sa che può cangiare, sfido! Cangia continuamente, come quella di tutti!
Il padre (con un grido) Ma la nostra no, signore! Vede? La differenza è questa! Non cangia, non può cangiare, né esser altra, mai, perché già fissata - così - "questa" - per sempre - (è terribile, signore!) realtà immutabile, che dovrebbe dar loro un brivido nell'accostarsi a noi!
Il capocomico (con uno scatto, parandoglisi davanti per un'idea che gli sorgerà all'improvviso). Io vorrei sapere però, quando mai s'è visto un personaggio che, uscendo dalla sua parte, si sia messo a perorarla così come fa lei, e a proporla, a spiegarla. Me lo sa dire? Io non l'ho mai visto!
Il padre Non l'ha mai visto, signore, perché gli autori nascondono di solito il travaglio della loro creazione. Quando i personaggi son vivi, vivi veramente davanti al loro autore, questo non fa altro che seguirli nelle parole, nei gesti ch'essi appunto gli propongono, e bisogna ch'egli li voglia com'essi si vogliono; e guai se non fa così! Quando un personaggio è nato, acquista subito una tale indipendenza anche dal suo stesso autore, che può esser da tutti immaginato in tant'altre situazioni in cui l'autore non pensò di metterlo, e acquistare anche, a volte, un significato che l'autore non si sognò mai di dargli!
Il capocomico Ma sì, questo lo so!
Il padre E dunque, perché si fa meraviglia di noi? Immagini per un personaggio la disgrazia che le ho detto, d'esser nato vivo dalla fantasia d'un autore che abbia voluto poi negargli la vita, e mi dica se questo personaggio lasciato così, vivo e senza vita, non ha ragione di mettersi a fare quel che stiamo facendo noi, ora, qua davanti a loro, dopo averlo fatto a lungo a lungo, creda, davanti a lui per persuaderlo, per spingerlo, comparendogli ora io, ora lei, indicherà la Figliastra ora quella povera madre...
La figliastra (venendo avanti come trasognata) È vero, anch'io, anch'io signore, per tentarlo, tante volte, nella malinconia di quel suo scrittojo, all'ora del crepuscolo, quand'egli, abbandonato su una poltrona, non sapeva risolversi a girar la chiavetta della luce e lasciava che l'ombra gl'invadesse la stanza e che quell'ombra brulicasse di noi, che andavamo a tentarlo... Come se si vedesse ancora là in quello scrittojo e avesse fastidio della presenza di tutti quegli Attori.Se loro tutti se n'andassero! se ci lasciassero soli! La mamma lì, con quel figlio - io con quella bambina - quel ragazzo là sempre solo - e poi io con lui indicherà appena il Padre - e poi io sola, io sola...- in quell'ombra balzerà a un tratto, come se nella visione che ha di sè, lucente in quell'ombra e viva, volesse afferrarsi ah, la mia vita! Che scene, che scene andavamo a proporgli! - Io, io lo tentavo più di tutti!
Il padre Già! Ma forse è stato per causa tua; appunto per codeste tue troppe insistenze, per le tue troppe incontinenze!
La figliastra Ma che! Se egli stesso m'ha voluta così! Verrà presso al Capocomico per dirgli come in confidenza: Io credo che fu piuttosto, signore, per avvilimento o per sdegno del teatro, così come il pubblico solitamente lo vede e lo vuole...
[...]
La prima attrice (rientrando da destra, addolorata) È morto! Povero ragazzo! È morto! Oh che cosa!
Il primo attore (rientrando da sinistra, ridendo) Ma che morto! Finzione! finzione! Non ci creda!
Altri attori da destra Finzione? Realtà! realtà! È morto! Altri attori da sinistra No! Finzione! Finzione!
Il padre (levandosi e gridando tra loro) Ma che finzione! Realtà, realtà, signori! realtà! E scomparirà anche lui, disperatamente, dietro il fondalino.
Il capocomico (non potendone più) Finzione! realtà! Andate al diavolo tutti quanti! Luce! Luce! Luce!
D'un tratto, tutto il palcoscenico e tutta la sala del teatro sfolgoreranno di vivissima luce. Il capocomico rifiaterà come liberato da un incubo, e tutti si guarderanno negli occhi, sospesi e smarriti. Ah! Non m'era mai capitata una cosa simile! Mi hanno fatto perdere una giornata! Guarderà l'orologio. Andate, andate! Che volete più fare adesso? Troppo tardi per ripigliare la prova. A questa sera! E appena gli Attori se ne saranno andati, salutandolo: Ehi, elettricista, spegni tutto! Non avrà finito di dirlo, che il teatro piomberà per un attimo nella più fitta oscurità. Eh, perdio! Lasciami almeno accesa una lampadina, per vedere dove metto i piedi! Subito, dietro il fondalino, come per uno sbaglio d'attacco, s'accenderà un riflettore verde, che proietterà, grandi e spiccate, le ombre dei Personaggi, meno il Giovinetto e la Bambina. Il Capocomico, vedendole, schizzerà via dal palcoscenico, atterrito. Contemporaneamente si spegnerà il riflettore dietro il fondalino, e si rifarà sul palcoscenico il notturno azzurro di prima. Lentamente, dal lato destro della tela verrà prima avanti il Figlio, seguito dalla Madre con le braccia protese verso di lui; poi dal lato sinistro il Padre. Si fermeranno a metà del palcoscenico, rimanendo lì come forme trasognate. Verrà fuori, ultima, da sinistra, la Figliastra che correrà verso una delle scalette; sul primo scalino si fermerà un momento a guardare gli altri tre e scoppierà in una stridula risata, precipitandosi poi giù per la scaletta; correrà attraverso il corridojo tra le poltrone; si fermerà ancora una volta e di nuovo riderà, guardando i tre rimasti lassù; scomparirà dalla sala, e ancora, dal ridotto, se ne udrà la risata. Poco dopo calerà la tela.
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