INTERROGAZIONI DI LATINO DEL 20 MAGGIO - secondo turno SEI DOCUMENTI

Lisa: Apuleio e Quintiliano

Balikwas è una parola tagalog, la principale lingua delle Filippine. Significa saltare all'improvviso in un'altra situazione, e sentirsi sorpreso e cambiare completamente prospettiva, cambiare il proprio punto di vista e capire qualcosa, che si credeva di conoscere, in maniera diversa. (Enrico Carofiglio, Le tre del mattino, 2017)

Francesco: Agostino e Quintiliano 

L'uomo deve sentirsi a suo agio lasciandosi andare da un ruolo all'altro. Perché non è così? A tre, quattro anni i bambini sono perfettamente in grado di essere buoni e cattivi, americani e comunisti, studenti e poliziotti. Ma via via che la cultura li plasma, ciascun bambino finisce per insistere su un solo gruppo di ruoli: deve essere sempre un bravo bambino o, per ragioni altrettanto impellenti, un cattivo bambino o un ribelle. La capacità di giocare, di identificarsi con entrambi i gruppi di ruoli è perduta. (Luke Rhinehart, L'uomo dei dadi, 1971)

Andrea S: Petronio e Seneca 

E' atroce, la vita, lo sappiamo. Ma proprio perché mi aspetto poco dalla condizione umana, i periodi di felicità,  i progressi parziali, gli sforzi di ricominciare e continuare mi paiono prodigi che compensano quasi l'immensa mole dei mali, degli scacchi, della trascuratezza e dell'errore. (M. Yourcenar, Memorie di Adriano, 1951)

Carlotta: Apuleio e Quintiliano

“Tutto questo ha l’aria di un sogno. […]Ma che altro è la vita umana? I miei sogni  sono soltanto più straordinari di altri, ecco tutto […] Dov’è il possibile? E dove l’impossibile?” (J. Cazotte, Il diavolo innamorato, 1845)

Martina: Apuleio e Agostino 

"A volte, sia per dolore sia per felicità, ho voglia di sprofondare. Stamattina (in campagna) il cielo è grigio e l'aria è mite. Sto soffrendo (non so per quale incidente). Un'idea di suicidio, scevra di qualsiasi risentimento (non ricatto nessuno) mi si presenta; è un'idea sbiadita, essa non scompagina niente (non "spezza"  niente), si armonizza con il colore (con il silenzio, l'abbandono) di questa mattinata. [...] (dai Dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang von  Goethe, 1774)

Giuseppe: Quintiliano e Fedro

Esorterei i professori a usare meno il computer. A che serve? Gli studenti, nativi digitali, ne sanno più di chi dovrebbe insegnare loro l’informatica. Ai ragazzi internet fornisce, dopo anni di guerra al nozionismo, un’infinità di informazioni slegate tra loro, ma non regala senso critico, connessione dei dati e, quindi, conoscenza.
I maestri hanno il compito di sviluppare il senso critico e mettere in connessione i dati. Questi ragazzi bisogna educarli al sentimento per evitare l’analfabetismo emotivo: la base emotiva è fondamentale per distinguere tra bene e male, tra cosa è grave e cosa non lo è. E bisogna farli parlare in classe. Il linguaggio si è impoverito. Si stima che un ginnasiale, nel 1976, conoscesse 1600 parole, oggi non più di 500. Numeri che si legano alla diminuzione del pensiero, perché non si può pensare al di là delle parole che conosciamo. E la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero. (Umberto Galimberti, filosofo, in un'interista sulla scuola del 2018)


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