SONETTI E MADRIGALI DA ANALIZZARE - LAVORO IN CLASSE DEL 4 APRILE

Cappello introduttivo con informazioni generali (autore e opera); contenuto comunicativo complessivo e per suddivisione strofica; analisi delle figure (stile, tecnica). 

1)  Galileo Galilei, L'enigma,

Mostro son io più strano e più difforme

che l’Arpia, la Sirena e la Chimera;

né in terra, in aria, in acqua è alcuna fiera

ch’abbia di membra così varie forme.

 

Parte a parte non ho che sia conforme:

più che l’una sia bianca e l’altra nera;

spesso di cacciator dietro ho una schiera,

che dei mie pie’ van rintracciando l’orme.

 

Nelle tenebre oscure è il mio soggiorno

ché, se da l’ombre al chiaro lume passo,

tosto l’alma da me sen fugge, come

 

sen fugge il sonno all’apparir del giorno,

e le mie membra disunite lasso,

e l’esser perdo con la vita e ‘l nome.

Il sonetto è dedicato al poeta Antonio Malatesti (1610-1672), cui si deve la pubblicazione  nel 1640 di una raccolta di cento componimenti in forma di indovinello dal titolo La Sfinge, enimmi. Tre anni dopo, il medesimo Malatesti pubblica altre cento poesie enigmistiche, che comprendono anche il componimento di Galileo, così introdotto: Il signor Galileo Galilei, avendo letta la prima parte de' miei Enimmi, non isdegnò di abbassar la sua famosa penna con la piacevolezza del verso, mandandomi il presente sonetto con esortarmi a far la seconda parte.

2) Giovan Battista Marino, Amori di pesci, da La Lira

 

Oggi, là dove il destro fianco ad Ischia rode

 il Tirren col suo continuo picchio,

vidi conca con conca e nicchio e nicchio

baciarsi, e come a l’un l’altro si mischia;

 

e la biscia del mar, che pur s’arrischia

venirne infin colà presso il crocicchio,

 ove del sole al luminoso spicchio

 la chiama l’angue innamorato e fischia.

 

E vidi ancor d’amor l’algente anguilla

arder fra l’acque, e gir di grotta in grotta,

i lor maschi seguendo, occhiate e salpe.

 

Né però vidi mai, perfida Lilla,

te fatta a me cortese, e, se non rotta,

men dura, del tuo cor la rigid’alpe.

3) Beltà Crudele di Giambattista Marino

E labra ha di rubino
ed occhi ha di zaffiro
la bella e cruda  donna ond’io sospiro.

Ha d’alabastro fino
la man che volge del tuo carro il freno,
di marmo il seno e di diamante il core.

Qual meraviglia, Amore,
s’a’ tuoi strali, a’ miei pianti ella è sì dura?
Tutta di pietre la formò natura.

4) G.B. Marino, Rete d'oro in testa della sua donna

Porta intorno madonna lacci a lacci

aggiungendo ed oro ad oro,

d’aurea prigion l’aurea sua chioma avolta. 

Alma libera e sciolta 

fra quel doppio tesoro ove n’andrai, 

che non sii presa alfine,

s’ella ha rete nel crine e rete è il crine


5) G.B. Marino, Bella schiava 


Nera sì, ma se’ bella, o di Natura

fra le belle d’Amor leggiadro mostro.

Fosca è l’alba appo te, perde e s’oscura

presso l’ebeno tuo l’avorio e l’ostro.


Or quando, or dove il mondo antico o il nostro

vide sì viva mai, sentì sì pura,

o luce uscir di tenebroso inchiostro,

 o di spento carbon nascere arsura?


Servo di chi m’è serva, ecco ch’avolto

 porto di bruno laccio il core intorno,

che per candida man non fia mai sciolto.


 Là ’ve più ardi, o sol, sol per tuo scorno

un sole è nato, un sol che nel bel volto

 porta la notte, ed ha negli occhi il giorno.

Figure retoriche nel componimento riportato sopra

 Enjambements:   vv. 1-2; vv. 3-4; vv. 5-6; vv. 9-10; vv. 13-14

·         Allitterazioni:  della “v”, “i” ed “s”: v. 6: “vide  viva maisentì sì pura”; della “r” ed “s”: vv. 3-4: “Fosca è l’alba appo te, perde e s’oscura/ presso l’ebeno tuo l’avorio e l’ostro.”; v. 7-8: “o luce uscir di tenebroso inchiostro,/ o di spento carbon nascere arsura? ”; v. 10: “porto di bruno laccio il core intorno”

·        Polisindeto con parallelismo: vv. 7-8: “o luce uscir di tenebroso inchiostro,/ o di spento carbon nascere arsura?”

·         Anastrofi:  v. 3: “fosca è l’alba”; v. 8: “di spento carbon nascere arsura”;

·         Iperbato: vv. 1-2: “di Natura/ fra le belle d’Amor leggiadro mostro”; vv. 9-10: “avolto/ porto di bruno laccio il core”

·         Apostrofe:  v. 12: “o sol”

·         Bisticcio:  vv. 12-13: “sol(e), sol(o),/ sole/ sol(e)”

·         Metonimia: v. 4: “ebeno”, “avorio”, “ostro”; v. 8: “arsura”

·         Antitesi:  v. 3: “Fosca è l’alba”; vv. 3-4: “s’oscura/ […] l’avorio e l’ostro”; v. 7: “luce uscir di tenebroso inchiostro”; v.8: “di spento carbon nascere arsura”; v. 9: “Servo di chi m’è serva”;

·         Ossimoro:  v. 2: “leggiadro mostro”



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