MODULO DI EDUCAZIONE CIVICA - ARTICOLO 9
INQUADRAMENTO
Diritto di voto alle donne, legge Bonomi, febbraio 1945
Referendum repubblica/monarchia 2 giugno 1946 (rep. 12.182.855; mon. 10.362.709); capo provvisorio Alcide De Gasperi
Assemblea costituente eletta il 2 giugno 1946 e riunitasi il 28 giugno 1946 elegge De Nicola presidente, confermato nel gennaio del 1948 quando entra in vigore la Costituzione Italiana
Maggio 1948 Luigi Einaudi presidente (7 anni)
Gli articoli della Costituzione sono 139 (compresi i 12) più 18 disposizioni transitorie finali. Nel tempo ne sono stati abrogati alcuni (nel 2001) e nel corso dell XVIII legislatura (Conte I, Conte II e Draghi) è entrata in vigore una revisione costituzionale dei principi fondamentali, detta legge costituzionale 1 del 2022, che modifica l'articolo 9. La legge costituzionale 1 del 2020 ha ridotto il numero dei parlamentari da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori, mentre la 1 del 2021 ha abbassato da 25 a 18 anni l'età per eleggere anche i senatori.
I DODICI PRINCIPI FONDAMENTALI IN SINTESI
- Forma democratica, lavoro e sovranità popolare entro i limiti costituzionali.
- Diritti inviolabili garantiti al singolo e all'interno delle formazioni sociali, dovere di solidarietà politica, economica e sociale.
- Pari dignità sociale e eguaglianza davanti alla legge senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali; gli ostacoli alla partecipazione vanno rimossi, tutti devono poter partecipare attivamente all'organizzazione politica, sociale, economica del Paese.
- Diritto al lavoro (rimuovere eventuali ostacoli) e dovere del cittadino di lavorare e concorrere al progresso materiale o spirituale della società.
- Repubblica una e indivisibile e autonomie locali (decentramento amministrativo).
- Tutela delle minoranze linguistiche.
- Stato e Chiesa indipendenti e sovrani. Patti Lateranensi modificabili senza revisioni costituzionali (con consenso delle due parti).
- Tutte le confessioni religiose libere davanti alla legge e con diritto di organizzazione purché non violino ordinamento giuridico italiano.
- Tutela della cultura, della ricerca, del paesaggio, del patrimonio artistico, [integrato] dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi, degli animali.
- Riconoscimento del diritto internazionale, tutela dello straniero relativamente a diritto d'asilo (se nel suo Stato di provenienza violati diritti umani) e all'estradizione (non concessa se per reati politici).
- Ripudio della guerra come offesa e per risolvere controversi internazionali; ammissione di limitazioni di sovranità necessarie a assicurare pace e giustizia fra Nazioni, purché stabilito in condizioni di parità con altri stati, favorendo organizzazioni internazionali che perseguano tale scopo.
- Tricolore verde, bianco e rosso, tre bande verticali di dimensioni uguali
L'ARTICOLO 9
I primi dodici articoli della Costituzione italiana contengono i cosiddetti principi fondamentali, valori alla base dell’ordinamento repubblicano, configuratosi in modo da lasciarsi alle spalle il totalitarismo sconfitto e costruire un nuovo ordine politico-sociale. L'Assemblea costituente ha inteso dare un'evidenza per cominciare grafica al ruolo determinante che essi sono chiamati a esercitare nel nuovo ordinamento, fugando al contempo ogni possibile dubbio circa la loro immediata efficacia ed applicabilità. Ciascuno dei dodici articoli, infatti, rappresenta un tassello che l'intero corpus della costituzione non fa che sviluppare e dettagliare ulteriormente, determinando connessioni che sono evidenti forme di rafforzamento, ma senza aggiungere nulla di sostanzialmente diverso da quanto predisposto nei dodici fondamentali.
L’articolo 9 è stato modificato, dopo aver predisposto l'iter a partire dall'estate del 2021, con
votazione nel febbraio del 2022. Originariamente recitava: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e
la ricerca
scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio
storico e artistico della Nazione.
Con la modifica apportata, ora suona così:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
UN PARERE IN MERITO ALLA MODIFICA
Cambiare la Costituzione per devastare il Paesaggio (Articolo di Tomaso Montanari pubblicato su "Il Fatto Quotidiano" del 24 maggio 2021, quindi in prossimità dell'avvio dell'iter parlamentare per procedere alla modifica)
La caccia grossa della variopinta maggioranza (coesa nel perseguire i peggiori obiettivi) che sorregge il governo Draghi ha tra le prede l’articolo 9 della Costituzione. Nella scorsa settimana il fantasma del Parlamento è apparso per aggiungere al suo esemplare dettato (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) una coda dagli effetti eversivi: “La Repubblica tutela l’ambiente e l’ecosistema, protegge le biodiversità e gli animali, promuove lo sviluppo sostenibile, anche nell’interesse delle future generazioni”. Ma cosa può mai esserci di male in queste parole, così apparentemente “verdi”? Poiché una costante giurisprudenza della Corte Costituzionale ha stabilito che l’ambiente è già protetto dalla Carta (dal combinato disposto degli articoli 9 e 32, quello che tutela il diritto fondamentale alla salute) questa aggiunta sarebbe superflua: ma la politica non conosce il superfluo. Il vero scopo lo si capisce leggendo i giornali di questi giorni. 80 sindaci del Pd invocano “abbattiamo la burocrazia! La democrazia è velocità!”. Al furore “futurista” degli amministratori “di sinistra” che chiedono le mani libere (come ogni destra liberista), risponde la gesuitica ipocrisia del “loro” ministro Franceschini, che dichiara: “Per il decreto Semplificazioni sto proponendo, per il mio dicastero e le Soprintendenze, nuove regole molto innovative che renderanno tutto più rapido senza indebolire la tutela di paesaggio e beni culturali”. Geniale: per rispettare le regole facendo quello che si vuole c’è solo una strada, cambiare le regole! A partire dalla prima: l’articolo 9 della Costituzione. Ma come può giovare ai sindaci della betoniera l’introduzione di un’ulteriore tutela? Lo spiega l’entrata a gamba tesa del presidente di Legambiente, che rilascia un’intervista al vetriolo contro le soprintendenze. Ecco i veri nemici dell’ambiente: non le multinazionali, i governi, le banche. No: gli odiati soprintendenti! Colpevoli di dire no a pale eoliche alte 130 metri piantate su enormi piattaforme di cemento armato che si vorrebbero piazzare sui crinali dell’Appenino, magari sopra i tratturi sannitici e vicino monumenti straordinari. O a ettari ed ettari di pannelli fotovoltaici nelle più belle campagne italiane, o sui tetti dei centri storici. Ed è qua che si capisce cosa debba espugnare il cavallo di Troia del nuovo articolo 9: il paesaggio. Inserire lo “sviluppo sostenibile” tra i principi fondamentali della Carta significa metterlo alla pari della tutela del paesaggio. Ecco la strategia dell’ambientalismo industriale italiano: mettere ambiente contro paesaggio, per continuare a far girare la macchina dei soldi privati a spese del territorio pubblico. Facendosi pure santificare come paladini dell’ambiente. Ma mettere l’ambiente contro il paesaggio è come dire che per impiantare in un corpo alcuni dispositivi che dovrebbero contribuire a farlo vivere di più, si può deformarne il volto in modo indelebile. Questo vuol dire che dobbiamo rinunciare alle rinnovabili? No, vuol dire che dobbiamo stare in guardia rispetto agli enormi grumi di interesse (non di rado di stampo mafioso, come nel caso dell’eolico) che si stanno riciclando nell’ambiguo concetto di “sviluppo sostenibile” (un ossimoro), continuando a sigillare suolo col cemento o col metallo. Se davvero si volessero tenere insieme ambiente e paesaggio la strada c’è: da anni ogni Regione dovrebbe approvare un Piano paesaggistico, e proprio quella è la sede in cui decidere dove mettere questi impianti, senza lasciare l’iniziativa alla speculazione privata. Invece di cambiare le regole, bisognerebbe far funzionare quelle che ci sono: il MiC ha tutti gli strumenti per indurre le Regioni inadempienti (quasi tutte) a redigere i piani, ma non l’ha fatto. In uno studio importante appena uscito su Giustizia insieme, il giurista Paolo Carpentieri spiega come rischia di finire: “Si ha, in conclusione, la sensazione che la ‘transizione ecologica’ finirà come al solito per risolversi in un grande greenwashing del vecchio refrain della “Crescita&Sviluppo”, con sacrificio ulteriore dei paesaggi del già ‘Bel Paese’. La questione di fondo, come al solito, è culturale: forse la transizione ecologica “vera” non è quella della così detta green economy, totalmente organica e interna alle vecchie logiche del profitto e della crescita del Pil, ma è prima di tutto quella, mentale e culturale, basata su un nuovo modo di pensare e di guardare al mondo, su un nuovo stile di vita, sul recupero del senso del limite e su un profondo ripensamento della scala dei valori, con l’abbandono del consumo fine a se stesso e del falso slogan contradditorio dello sviluppo sostenibile, nella ricerca di un equilibrio stabile e duraturo”.
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